Perché si urina spesso? Cause e soluzioni alla minzione frequente
Perché, a volte, scappa spesso la pipì? Ci sono situazioni molto comuni nella vita di ogni giorno. Ad esempio, molti uomini che si alzano di notte, per andare in bagno mentre a molte donne capita, caso mai, per un colpo di tosse, di perdere qualche goccia di pipì. Sono solo esempi di quanto l’eliminazione dell’urina risenta di tante, tantissime variabili che vanno tenute presenti. In molti casi si tratta di problemi funzionali legati all’età, o a particolari condizioni, come quello di aver avuto figli, in altre circostanze di infiammazione ed infezioni che portano alla comparsa di cistiti ed uretriti con conseguente necessità di urinare, o altre volte, la minzione frequente è legata unicamente ad abitudini di vita, che portano a bere molto. Far luce su questa giungla di possibili moventi che determinano l’urinare più frequentemente è ovviamente compito del medico. Ma è sicuramente utile capire come mai si urina più spesso (a volte anche senza particolari emissioni di quantità di pipì) o comunque comprendere quali sono i meccanismi che regolano naturalmente questa funzione. Ricordando che i farmaci di automedicazione possono aiutare, in molti casi, a controllare meglio i sintomi di infiammazioni o infezione che interessano l’apparato urinario.
Perché facciamo pipì e quanto conta l’ambiente esterno
L’urina viene prodotta dai reni. Con essa vengono espulsi gli scarti del corpo derivanti dalle varie reazioni chimiche necessarie per produrre energia. Uno degli elementi più rappresentati dopo l’acqua, che rappresenta il 95 per cento del contenuto urinario, è quindi l’azoto, che viene eliminato dopo essere stato utilizzato per la produzione delle proteine. In realtà nelle urine non si trova solamente azoto, ma bensì le varie strutture chimiche che da esso derivano, come l’urea, l’acido urico e la creatinina. All’interno dell’urina, poi, ci sono molti sali minerali. E il compito del rene, in questo caso, è quello di riconoscere di quali sostanze ha bisogno l’organismo per evitarne la dispersione con l’urina, e allo stesso tempo di individuare quelle in eccesso per eliminarle. Questo meccanismo è fondamentale per mantenere sotto controllo i valori del calcio, del sodio, del ferro e del magnesio. Basti pensare solamente che una carenza di controllo da parte dei reni nei confronti dell’equilibrio tra sodio e potassio può mettere in difficoltà il cuore, favorendo la comparsa di gravi aritmie.
L’acqua eliminata con le urine varia invece in base alle necessità dell’organismo, e anche il liquido può essere più o meno concentrato. Ad esempio, se si rimane o lungo in un ambiente molto caldo oppure si suda profusamente per uno sforzo fisico intenso il rene si “rende conto”, attraverso l’azione di speciali ormoni, che occorre risparmiare la massima quantità di liquidi. E quindi riduce la quantità di urina (che comunque non deve mai scendere sotto il mezzo litro al giorno). Al contrario, se si beve molto e se il clima è particolarmente freddo, la produzione di urina aumenta.
Cosa regola la produzione di urina
La produzione di urina è regolata dalla “stazione di controllo” che si trova all’interno del cranio. Si chiama ipotalamo e fa in modo che la quantità dei liquidi presenti nel corpo (in media il corpo di una persona adulta è fatto per il 55-60 per cento da acqua) non si modifichi troppo. Se il volume del liquido nel sangue cala, l’ipotalamo da all’ipofisi (una piccola ghiandola del cervello) il segnale di produrre l’ormone antidiuretico che “informa” i reni sulla necessità di assorbire l’acqua e non eliminarla con l’urina. Quando invece siamo “carichi” di liquidi, arriva l’indicazione opposta: cala la secrezione di ormone antidiuretico e quindi la produzione di urina aumenta. In questo formidabile sistema di controllo anche il rene ha anche un ruolo autonomo, grazie al cosiddetto sistema renina-angiotensina. Infatti, quando la quantità di sodio nel sangue cala, e con essa la pressione arteriosa, il rene produce un particolare enzima che si chiama renina. Questa sostanza, attraverso una serie di reazioni, porta a due fenomeni. Da un lato, le ghiandole surrenali aumentano la secrezione di aldosterone, un ormone che favorisce il recupero del sodio nel rene. Dall’altro l’angiotensina fa aumentare la pressione e quindi aumenta il lavoro del rene che filtra più sangue. Infine, viene stimolata anche la produzione di ormone antidiuretico da parte dell’ipotalamo per aumentare la sete. Questi fenomeni normalmente vengono “bloccati” quando la situazione ritorna normale, ma in alcuni casi, nelle persone che hanno la pressione alta, si mantengono peggiorando la salute del rene.
Differenze tra pollachiuria, poliuria e disuria
Andare spesso in bagno, magari per emettere solamente qualche goccia di urina e ritrovarsi dopo poco tempo ad avere lo stimolo. Così si può definire la pollachiuria, con il termine che deriva dal greco e va distinto dalla poliuria, ovvero dalla generica eliminazione di grandi quantità di urina. Avere dei fastidi, come dolore o bruciore, configura invece il quadro della disuria, ovvero una “deviazione” dalla normale emissione di urina. Un esempio di patologia che può indurre pollachiuria è la cistite, che interessa soprattutto le donne ed è spesso di natura batterica. La presenza dei batteri che si stanno sviluppando all’interno del naturale “contenitore” dell’urina non dà quindi alcun segnale, salvo poi manifestarsi con disturbi anche gravi (come, ad esempio, la presenza di pus prodotto dai germi nelle urine) quando la quantità di germi diventa elevatissima. Più spesso, tuttavia, i segni “tipici” della cistite compaiono già nelle prime fasi del processo infettivo. Il segnale d’allarme più comune è, appunto, pollachiuria, cioè la frequente necessità di urinare, accompagnata da bruciore all’inizio dell’emissione di urina e, più raramente, anche al termine della fuoriuscita di pipì. Nelle forme più gravi il bruciore si può associare alla presenza di sangue nelle urine, che appaiono quindi più torbide oppure anche francamente “rossastre”.
Le buone abitudini per prevenire la cistite
Per giocare d’anticipo con la cistite, ed anche al fine di controllarla meglio quando si sta seguendo la terapia indicata dal medico (contro i germi che vengono evidenziati a volte con un test sulle urine, si utilizzano gli antibiotici che vanno prescritti dal curante) bisogna in primo luogo bere molto. Per chi soffre spesso di cistite, il “lavaggio” naturale della vescica prodotto dall’urina rappresenta un’arma difensiva e preventiva molto efficace. Questo vale sempre ma ancor di più nei casi in cui si suda molto, per questo, si tende ad avere un’urina molto concentrata. Senza dimenticare che non basta bere, ma bisogna fare attenzione anche a ciò che si immette nell’organismo. L’ideale, per le signore che sono spesso vittima di cistite, è creare un’ambiente difficile da sopportare per i germi. A questo scopo sono indicate le bevande che permettono di “acidificare” le urine, visto che in ambiente acido i batteri si riproducono con maggior difficoltà. Vanno benissimo le spremute di agrumi, ed in particolare di limoni, mentre sono da ridurre caffè, tè, alcol. Come accade per chi esagera con i cibi troppo piccanti, infatti, un eccesso nel consumo di alcolici e caffeina potrebbe risultare irritante per la parete interna della vescica e quindi facilitare lo sviluppo dei germi. Un occhio di riguardo va infine prestato anche alla scelta degli indumenti. Meglio lasciare da parte i jeans e comunque tutti i pantaloni molto aderenti, che possono dare irritazioni alla pelle e quindi far sviluppare germi che facilmente tendono a “colonizzare” la vescica. E a tavola mai dimenticare cibi ricchi di proteine, come carni, pesce, latte e derivati. La dieta ricca di proteine favorisce la produzione di urina. Al contrario meglio evitare eccessi nel consumo di pane, pasta o altri carboidrati, che possono ridurre il flusso di urina, soprattutto a cena, perché si concentra molto l’urina della notte. Infine, meglio non sottovalutare l’aiuto che può venire da verdure come cavolo, porro, cicoria, carciofo e cipolle, in grado di favorire la guarigione dalla cistite.
I disturbi urinari da ipertrofia prostatica benigna
La nicturia, volto specifico della pollachiuria che porta a svegliarsi più volte la notte per il bisogno di urinare, è tipica dei maschi. E si lega, frequentemente, all’età e all’ingrossamento della ghiandola prostatica, che tuttavia non è l’unica causa del problema. A volte, infatti, il richiamo del bagno nasce da un’ipertensione non riconosciuta o non sufficientemente controllata o piuttosto dalla sindrome della apnee notturne che può fare anche da contorno all’ipertensione o facilitarne l’insorgenza, oltre che a rendere più complesso il riposo. Se ci si sveglia perché si ha bisogno d’ossigeno, infatti, diventa anche più facile percepire il bisogno di andare in bagno che magari poteva rimanere “sopito” dal sonno.
Come difendersi dalla prostata che ci porta ad andare spesso in bagno?
Insieme al medico, si possono trovare caso per caso le soluzioni più indicate. Ma le buone abitudini contano. La più semplice è assumere meno liquidi la sera, evitando caffeina, alcol e fumo, aumentando, invece, l’attività fisica senza cadere nella “sindrome del divano”.
A tavola, invece, conviene limitare gli alimenti troppo ricchi di sodio e la carne rossa e gli amidi, specialmente nel pasto serale, in favore di grassi polinsaturi e vegetali. E poi? Se la prostata è sotto accusa, come accade frequentemente, esistono terapie mediche che possono aiutare. E non dimenticate che anche il chirurgo, che entra in campo soprattutto quando la lesione è di natura maligna o determina l’esatto opposto del bisogno di urinare di frequente, ovvero la ritenzione di urina, può pensare a trattamenti mirati, che non prevedono necessariamente il bisturi.
L’enuresi notturna nei bambini
Parlando di bisogni di svuotare la vescica di notte, infine, non bisogna dimenticare che a volte il problema può interessare anche i bambini. Accade in caso di enuresi notturna. L’enuresi, letteralmente “urinare dentro”, è un’emissione involontaria di urina. La forma notturna è quella più frequente ed è caratterizzata dall’incapacità del bambino di trattenersi durante il sonno. Non si tratta di una malattia, ma di un disturbo, che si può e si deve affrontare e risolvere in maniera tempestiva. Si può parlare di enuresi a partire dai cinque anni d’età, quando la funzione dell’apparato urinario ha raggiunto la piena maturazione. La prevalenza stimata, ossia il numero di bambini che ne soffrono, è più elevata di quanto si possa immaginare: riguarda infatti 10-20 bambini su cento all’età di 5 anni, 5-10 su cento all’età di 10 anni e 3 ragazzi su cento nella fascia tra i 15-20 anni. Dopo le allergie, l’enuresi è considerata la condizione cronica più comune nell’infanzia. Occorre anche ricordare che a volte l’enuresi non scompare con l’adolescenza, ma è ancora presente nello 0,5-1 per cento degli individui adulti. Per questo, è importante parlare sempre con il pediatra, evitando di mascherare la situazione. Eppure, oggi i dati dicono che quasi un genitore su due sottovaluta il problema, ritenendolo destinato a risolversi spontaneamente oppure dovuto a cause o dinamiche psicologiche. Questa è una convinzione errata: l’enuresi notturna non è figlia dello stress, quindi, non va collegata ad esempio alla nascita di un fratellino o a liti tra i genitori, ma nasce sulla base di meccanismo ormai ben definiti. In queste situazioni di difficoltà familiare il bambino può però accrescere i sensi di colpa per l’evento notturno, colpevolizzandosi per non essere in grado di governare la propria vescica. Ne consegue che i problemi psicologici riscontrati (calo di autostima, senso di inadeguatezza che induce il bambino a rinunciare a opportunità di socializzazione, come vacanze e gite scolastiche che comportano l’impegno di dormire fuori casa) sono spesso conseguenza dell’impatto del problema sulla vita del paziente, e non sono la causa dell’enuresi, come si è erroneamente ritenuto per lungo tempo.
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