a firma di Federico Mereta, giornalista scientifico
Oggi, giovedì 5 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente. E lo si fa in una logica di One Health, con il benessere umano, animale ed ambientale che viaggiano assieme.
In un mondo in rapida trasformazione, è sempre più urgente interrogarsi su quanto le nostre scelte quotidiane – a partire da un’alimentazione più sostenibile e consapevole – possano contribuire alla tutela dell’ambiente e alla prevenzione di numerose patologie.
Allo stesso tempo, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua continua a rappresentare una minaccia concreta per la salute pubblica, con ricadute evidenti su sistemi respiratori, cardiovascolari e neurologici.
Infine, tra i temi centrali di questa giornata, è fondamentale richiamare l’attenzione sulla crescente cementificazione del suolo e sulla conseguente perdita di servizi ecosistemici essenziali, come la regolazione del clima, la qualità dell’aria e la disponibilità di acqua pulita.
In molti casi, i farmaci di automedicazione possono aiutarci a lenire piccoli disturbi legati alle diverse condizioni di salute su cui l’ambiente può agire. Ma è chiaro che il problema va affrontato in chiave globale.
Alimentazione sostenibile e sprechi alimentari
Salute, ambiente, economia e società. Quando pensiamo al cibo che mangiamo, nell’equilibrio che deve esistere tra entrate e uscite dell’organismo (e di cui fa parte anche l’attività fisica), dovremmo pensare a tutti questi elementi. E soprattutto dovremmo tenere presenti i rischi di malnutrizione, per eccesso, in molti dei Paesi più ricchi, e per difetto in tanti altri, considerando la sovrappopolazione del Pianeta. Ricordiamolo infatti: per malnutrizione si intendono “carenze o eccessi nell’assunzione di nutrienti, squilibrio di nutrienti essenziali o utilizzo alterato dei nutrienti”. Il doppio fardello della malnutrizione consiste sia nella denutrizione che nel sovrappeso e nell’obesità, nonché nelle malattie non trasmissibili legate alla dieta.
Perché è opportuno mangiare di meno
Parlando di alimentazione sostenibile, dobbiamo, in primo luogo, fare attenzione ai consumi, che a loro volta fanno riferimento a porzioni e frequenze. Significa che, in generale, dobbiamo evitare gli eccessi e, in genere, pensando alle nostre latitudini, mangiare di meno. Oggi, rispetto a qualche decina d’anni fa, abbiamo più cibi a disposizione e spendiamo una quantità molto ridotta di energia. Quindi, a meno che non ci siano situazioni che prevedano sforzi particolari dobbiamo diminuire l’apporto calorico. Non meno importante è ricordare il valore qualitativo dell’alimentazione, con il giusto supporto di macronutrienti come proteine, lipidi e carboidrati, e di micronutrienti, come sali minerali e vitamine.
La dieta mediterranea come punto di riferimento
Cosa possiamo fare per contribuire al nostro benessere e a quello dall’ambiente? Oltre a limitare gli sprechi, acquistando alimenti di stagione e non esagerando con le dosi, conviene seguire i dettami dell’alimentazione mediterranea, privilegiando gli alimenti di origine vegetale nell’ambito di una dieta variata.
Questo significa sostituire i grassi saturi con quelli insaturi, aumentare i vegetali, ricchi di acqua e fibre e dall’elevato potere saziante, e il consumo di alimenti integrali. Attenzione: dieta mediterranea non significa alimentazione vegetariana. Infatti, le carni, rosse e, soprattutto, bianche e il pesce non sono esclusi dalla dieta. Per dieta mediterranea si intende piuttosto una regime alimentare con elevato apporto di prodotti della terra e con ruolo determinante attribuito a legumi, ortaggi, verdure, frutta e olio d’oliva soprattutto. Questi alimenti possono complementare le proteine, anche dei cereali, e consentono un giusto rapporto tra le tipologie di grassi (saturi e insaturi), insieme a un apporto adeguato di fibre.
Con la giusta alimentazione, oltre ad aiutare l’ambiente, miglioriamo anche il benessere dell’organismo e, in particolare dell’intestino e dello stomaco.
Gli effetti dell’inquinamento
Inquinamento dell’acqua
Vi siete mai chiesti quanto sia fondamentale proteggere le falde acquifere dall’inquinamento? L’acqua è una risorsa essenziale per la vita, non solo per l’uomo ma per l’intero ecosistema. Tuttavia, quando parliamo di disponibilità idrica, non possiamo ignorare la crescente minaccia rappresentata dall’inquinamento delle acque, spesso strettamente collegato anche a quello atmosferico.
I contaminanti possono interessare mari, fiumi, laghi e falde sotterranee, e le cause sono molteplici a partire dagli scarichi urbani e industriali. Proteggere le risorse idriche e investire in una corretta depurazione significa tutelare non solo l’ambiente, ma anche la qualità degli alimenti e la nostra salute dato che le acque sono usate anche per l’irrigazione.
Inquinamento dell’aria
Quando, invece, pensiamo all’inquinamento dell’aria, dobbiamo tenere in considerazione come l’innalzamento delle temperature globali abbia generato l’incremento delle concentrazioni di biossido di carbonio (CO2), già di per sé inquinante, e l’aumento dell’inquinamento atmosferico sta intensificando le malattie allergiche, specialmente tra i bambini.
Secondo uno studio pubblicato su Allergy, i livelli di CO2 atmosferica sono aumentati del 48% dall’epoca preindustriale, stimolando una maggiore produzione di pollini. Le concentrazioni di polline di ambrosia, ad esempio, sono quadruplicate negli ultimi 30 anni e continueranno a crescere. Inoltre, la durata della stagione pollinica è aumentata mediamente di 20 giorni, esponendo milioni di persone a sintomi allergici prolungati. Uno studio svedese sottolinea addirittura come l’esposizione a pollini nei primi mesi di vita o addirittura nella vita intrauterina sia associato a una maggiore probabilità di sensibilizzazione allergica e insorgenza di malattie respiratorie. Parlando dei bambini, ad esempio, gli inquinanti possono penetrare profondamente nei tessuti respiratori – provocano una infiammazione cronica che influenza negativamente il sistema immunitario e aumentare così la suscettibilità alle allergie.
Inquinamento acustico
Andando oltre le allergie e le patologie respiratorie che tendono a colpire le persone più vulnerabili, come appunto i bambini, ci sono altri aspetti dell’inquinamento che spesso sottovalutiamo ma che sono estremamente significativi in termini di impatto sulla salute. Stiamo parlando dell’inquinamento acustico. Se si vive in una zona particolarmente rumorosa, l’inquinamento uditivo può interferire con la qualità del sonno e può condurre anche ad alterazioni della circolazione del sangue, aumentando i pericoli per la salute del cuore, specie se associato all’inquinamento dell’aria che respiriamo.
Cementificazione del suolo e perdita dei servizi ecosistemici
Da un lato i mutamenti climatici e, dall’altro, il progressivo ridursi, nelle città ma anche delle campagne, delle aree verdi, a cui corrisponde un aumento delle zone cementificate. Il combinato disposto di questa doppia condizione rischia di incidere, e molto, sul benessere dell’ambiente e delle persone. Così sostengono alcune ricerche.
Uno studio condotto dal Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), pubblicato su Lancet Planetary Health, mostra come siano soprattutto le alte temperature a preoccupare in termini di salute. La ricerca segnala che, negli ultimi anni, si è registrata una significativa diminuzione del rischio di mortalità correlato al freddo rispetto al primo decennio degli anni 2000. Nello stesso periodo si è registrata anche una riduzione del rischio di decessi correlati al caldo, ma in misura molto minore. Insomma, il caldo appare più preoccupante del freddo. Senza dubbio la cementificazione può influire sul fenomeno: cementificando si rischia di perdere l’effetto condizionatore sul clima legato alla presenza delle aree verdi.
E l’Europa si sta “riscaldando” più velocemente rispetto ad altre aree, come rivela una ricerca pubblicata su Nature Communications che ha associato dati di temperatura e mortalità in 823 regioni di 35 Paesi europei. Lo studio realizzato, da scienziati delle università di Nanchino, Exeter, Aarhus e la statale della Carolina del Nord, punta il dito proprio sulla carenza di spazi verdi e sull’incremento delle aree cementificate.
L’effetto “isola di calore”: quando la città amplifica il caldo
Negli ultimi anni, l’aumento delle temperature globali ha reso ancora più evidente un fenomeno ben noto ai climatologi: il cosiddetto effetto isola di calore urbana. Si tratta di un processo per cui le aree urbane risultano significativamente più calde rispetto alle zone rurali circostanti, con differenze che possono superare anche i 4-5 gradi nei periodi più caldi dell’anno.
Le cause? La crescente cementificazione, l’utilizzo di materiali che assorbono e trattengono il calore (come asfalto, cemento e tetti in metallo), la scarsità di vegetazione e il rilascio di calore da veicoli, condizionatori e attività industriali. Tutti questi fattori impediscono alla città di “raffreddarsi” naturalmente, soprattutto di notte.
Questo innalzamento termico ha conseguenze dirette sulla salute pubblica, con un aumento documentato di malattie cardiovascolari, respiratorie e dei decessi correlati al caldo, in particolare tra anziani, bambini e persone fragili.
Secondo numerosi studi, una soluzione efficace e sostenibile risiede nell’incremento del verde urbano: parchi, alberi lungo le strade, tetti e pareti verdi. Gli spazi verdi, infatti, possono abbassare la temperatura superficiale delle città anche di 3°C durante l’estate, grazie a due meccanismi principali:
- L’ombreggiatura naturale, che riduce l’irraggiamento diretto sulle superfici.
- L’evapotraspirazione, ovvero il rilascio di vapore acqueo da parte delle piante, che contribuisce al raffrescamento dell’aria.
Oltre al disagio termico, l’aumento delle temperature urbane ha un impatto anche sulla proliferazione microbica. Il calore, infatti, può favorire la replicazione di batteri patogeni, contribuendo alla diffusione di infezioni e potenzialmente anche all’aumento della resistenza agli antibiotici. Ad esempio, un solo grado in più può portare a un incremento del 4,2% nelle infezioni da batteri resistenti come Escherichia coli o Klebsiella pneumoniae. Anche le acque più calde rappresentano un ambiente ideale per batteri come il Vibrio cholerae, aumentando il rischio di epidemie legate all’acqua contaminata.
Contrastare l’effetto isola di calore, quindi, non è solo una questione di comfort urbano: è una priorità sanitaria e ambientale, su cui è urgente intervenire con strategie integrate di pianificazione e rigenerazione verde.

Giornalista scientifico