Acqua nelle orecchie: come stapparle e cosa fare in caso di dolore
Dopo un bagno in piscina, o magari dopo un “puccio” prolungato all’interno della vasca (o, per i più fortunati, dopo un bagno al mare) cominciano gorgoglii, rumori, sensazione di ottundimento e difficoltà a percepire i suoni. Insomma, si ha la percezione che le orecchie si siano riempite d’acqua. Non è ovviamente una situazione normale e la sensazione che ne ricaviamo è certamente poco gradevole. A volte, soprattutto nei bambini, il quadro può creare fastidi più intensi che tendono a manifestarsi anche con dolore e la comparsa di una vera e propria infiammazione auricolare, l’otite.
L’acqua nelle orecchie rappresenta, ad ogni modo, una situazione estremamente comune che basta conoscere per gestirla al meglio, imparando, quando possibile, a prevenire la possibile comparsa di disturbi legati al mal d’orecchio.
Acqua nelle orecchie: perché l’orecchio si tappa
Come ben sappiamo, in caso di doccia, bagno e, molto più facilmente, al mare o in piscina, l’acqua entra nell’orecchie tramite il condotto uditivo. Quando arriva al timpano, quest’ultimo proprio per la presenza “anomala” dell’acqua non riesce a muoversi correttamente e, quindi, a trasmettere completamente i suoni che quindi giungono ovattati.
Apnee, immersioni e manovre di compensazione
Diverso è il caso in cui, come capita per chi fa immersione, si ha un cambio della pressione dell’apparato uditivo. Infatti, quando ci si immerge, la pressione dell’orecchio diminuisce mentre quella esterna aumenta via via che si scende verso il basso. In questa situazione, che può verificarsi anche quando ci si tuffa, circostanza in cui l’equilibrio dell’apparato uditivo cambia in modo molto repentino, il timpano, per la minore presenza d’aria nell’orecchio, si introflette. È necessario quindi ristabilire equilibrio pressorio tra ambiente esterno e orecchio per evitare la comparsa di dolore e, nei casi peggiori, la rottura del timpano o danni uditivi. Questo può essere fatto attraverso diverse manovre di compensazione.
Tra queste, quella più semplice, per sub poco esperti e immersioni “superficiali” (pochi metri), prevede di trattenere l’aria tappandosi il naso e chiudendo la bocca, eseguendo, quindi, una inspirazione profonda seguita da una espirazione (in genere si soffia). In questo modo entra aria nell’apparato respiratorio e nelle orecchie ristabilendo l’equilibrio pressorio.
Come togliere l’acqua dalle orecchie
Avete presente l’immagine del bimbo che piega la testa da un lato e percuote una pietra per far uscire il liquido che si accumula all’interno delle orecchie? E avete mai visto che dopo qualche secondo mostra la pietra leggermente bagnata, a riprova dell’uscita del liquido dal padiglione auricolare? Ebbene, sulla spiaggia o in piscina è più che normale uscire dall’acqua, piegare la testa di lato o scuoterla proprio per fare uscire l’acqua che crea la sensazione di orecchie chiuse. A casa, magari dopo un bagno, si può procedere con la punta di un fazzoletto di cotone sottile inserita nell’orecchio che si comporta come una spugna, assorbendo l’acqua presente. Se così facendo, la situazione non si risolve, per contrastare la sensazione di orecchio ovattato si può procedere con un phon, che può aiutare ad assorbire l’umidità dell’orecchio. Ovviamente questa soluzione va impiegata con la dovuta attenzione per evitare piccole ustioni all’orecchio.
Quando il quadro non si risolve in tempo breve, un paio di giorni, occorre parlare della situazione al proprio medico curante o allo specialista otorinolaringoiatra.
Perché i bambini sono a rischio di otiti in caso di acqua nelle orecchie?
Particolare attenzione va prestata, come detto, ai bambini che riportano la sensazione di orecchio ovattato e dicono di sentire acqua all’interno dell’organo uditivo. I più piccoli hanno una tuba di Eustachio più corta e quindi sono a maggior rischio di andare incontro a complicanze dell’acqua nell’orecchio, con formazione di versamento all’altezza del timpano e la comparsa di vere e proprie otiti.
Acqua nelle orecchie: che fare quando il problema non passa
Quando l’orecchio non smette di essere ovattato, occorre pensare che ci sia qualcosa di fortemente igroscopico (cioè, che si “gonfia” a contatto con l’acqua) all’interno dell’orecchio, una sorta di “corpo estraneo”, che, imbevendosi di liquido, ci impedisce di sentire.
In generale questo capita in presenza del classico tappo di cerume. Il cerume è infatti igroscopico, cioè, tende ad ingrandirsi in presenza di liquido: per questo la sensazione di orecchio chiuso può accentuarsi e non passare in caso di cerume. Sul fronte delle cure, il cerume può essere “sciolto” o comunque reso meno denso, in molti casi, con farmaci di automedicazione a uso locale o, nei casi peggiori, grazie all’estrazione manuale del tappo da parte del medico.
Sul fronte della pulizia, non bisogna accanirsi invece a “pulire” manualmente la parte interna delle orecchie: a volte, se ci sono fastidi, può servire a poco. Attenzione solo a un fattore: gli esperti sconsigliano l’impiego dei classici bastoncini con cotone, i cosiddetti cotton fioc, per eliminare il cerume. Non solo i bastoncini non vanno infilati nell’orecchio (questo può portare a compattare e spingere il cerume più in profondità) ma va posta attenzione anche al loro utilizzo per pulire la parte più esterna dell’orecchio poiché esiste il rischio di creare qualche piccola escoriazione nel condotto uditivo, favorendo l’istaurarsi di infiammazioni e conseguenti fastidi.
I rischi dell’acqua nelle orecchie
Il principale rischio, in caso di acqua nelle orecchie è l’otite che, in genere, si manifesta dapprima con la sensazione di avere un batuffolo di cotone ben ficcato nell’orecchio e poi con dolore. Se in estate le infiammazioni auricolari tendono a coinvolgere soprattutto la parte esterna dell’orecchio, complici anche i bagni in mare, nelle stagioni più fredde o in caso di forti sbalzi termici, i quadri tendono ad andare più nel profondo. E le infezioni, virali o batteriche, sono tra i principali imputati per le otiti che, sovente, soprattutto nei più piccoli, sono l’esito finale di una forte infreddatura, con il raffreddore che va ad interferire con il buon funzionamento della tuba di Eustachio. Il condotto, che collega l’orecchio medio e il naso ha un ruolo importante dato che aiuta a drenare le secrezioni e ad equilibrare la pressione dell’aria nell’orecchio. In caso di raffreddore, attraverso la tuba di Eustachio, che si apre e si chiude ad ogni deglutizione, il muco può passare fino all’orecchio medio “intasandolo” e facilitando quindi lo sviluppo di germi. Sono proprio questi germi, in genere batteri, che diventeranno i responsabili del dolore, della febbre e di tutti gli altri disturbi che fanno seguito all’otite.
Quando, all’interno della cavità oculari, si formano il liquido che segue all’infiammazione o addirittura il pus generato dai batteri, le pareti dell’orecchio medio vengono messe in tensione. Così i recettori nervosi presenti sulla parete vengono stimolati fino al punto da scatenare un intenso dolore. Un dolore che può risultare tanto forte da far piangere e causare un forte mal di testa. Al quadro contribuisce anche l’alterazione del movimento ciliare che si verifica in caso di raffreddore. In pratica il meccanismo naturale di autopulizia svolto dalle mucose delle vie respiratorie non funziona al meglio e questo facilita l’accumulo di muco a livello dell’orecchio medio. Infine, in caso di otite media effusiva possono anche presentarsi secrezioni oculari abbondanti. Di conseguenza, si ha la sensazione di udire meno, di avere un vero e proprio ottundimento auricolare e a volte possono comparire dolore ed addirittura acufeni, ovvero percezioni “fasulle” di rumori e suoni nelle orecchie.
L’otite va sempre diagnosticata dal medico che, a seconda dell’origine, prescriverà i trattamenti più appropriati.
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