A colloquio con il Prof. Attilio Giacosa

Redazione Semplicemente Salute
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giacosa


Gastroenterologo presso il Centro Diagnostico Italiano di Milano e già Direttore della Struttura complessa di Gastroenterologia e Nutrizione Clinica presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul cancro di Genova

Il filosofo Feuerbach affermava che “l’uomo è ciò che mangia”. Pensando alla benessere di tutti noi, mai affermazione fu così vera. Le abitudini a tavola, infatti, determinano la salute del nostro sistema gastrointestinale e possono dirci molto sul nostro stile di vita. In un’epoca cui sovente è sono proprio stomaco e intestino a risentire maggiormente di stress, ansia e tensione emotiva ma dove l’attenzione a ciò che abbiamo nel piatto è sempre più diffusa, abbiamo chiesto al Professor Giacosa di fare un punto su come bisognerebbe mangiare per stare bene e a che cosa fare attenzione per il nostro benessere quotidiano.

Disturbi dell’apparato gastro-intestinale: vita quotidiana e abitudini alimentari 

1 – Professore, quanto è importante parlare di alimentazione e corretta gestione dei disturbi gastrointestinali nel 2025?

    L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale per la salute, influenzando non solo il sistema cardiovascolare ma anche lo sviluppo di malattie oncologiche e neurodegenerative. Rispetto alla salute, tra i temi più dibattuti oggi vi è il consumo di zuccheri. Nell’antichità, ai tempi dei Romani, lo zucchero era praticamente sconosciuto; infatti, il suo impiego è diventato più diffuso solo a partire dal 1700. All’epoca, il consumo medio si attestava intorno ai 4 grammi al giorno, mentre oggi ogni persona ne assume tra 30 e 50 kg all’anno, con picchi di 70 kg negli Stati Uniti, dove quasi la metà della popolazione raggiunge questi livelli di consumo.  

    Il nostro organismo, tuttavia, non è biologicamente predisposto a gestire una quantità così elevata di zuccheri, così come l’eccessivo consumo di grassi di origine animale, sempre più presenti nella dieta moderna. L’introduzione massiccia di questi componenti negli ultimi decenni ha portato a conseguenze significative sulla salute, favorendo l’insorgenza di malattie metaboliche, cardiovascolari e infiammatorie, con un impatto sempre più evidente sulla qualità e sull’aspettativa di vita della popolazione.

    2 – Zuccheri, carni rosse e lattosio sono “incriminati” di essere alla base dei disturbi intestinali anche quando non si è in presenza di eccessi alimentari. Quanto c’è di vero nella demonizzazione di certi alimenti?

      Credo che demonizzare un alimento sia un concetto errato di per sé. Ciò che conta davvero è comprendere che alcuni cibi possono risultare più difficili da digerire per l’organismo. Il lattosio ne è un esempio significativo, perché spesso associato a un’intolleranza alimentare. Normalmente, il nostro sistema enzimatico è in grado di scindere questa molecola, composta dall’unione di due zuccheri semplici per permetterne l’assorbimento. Tuttavia, con l’età, molte persone perdono progressivamente la capacità di digerire il lattosio, poiché la produzione dell’enzima responsabile della sua scomposizione (lattasi) si riduce. Questo porta a una serie di disturbi, tra cui gonfiore addominale, crampi e, in alcuni casi, un effetto lassativo dovuto alla fermentazione dello zucchero non digerito nell’intestino.

      Anche il glutine è un elemento che merita attenzione. Oltre alla celiachia, una patologia di origine genetica, esiste un’ampia fascia di persone che manifesta una particolare sensibilità al glutine (gluten sensitivity), rendendo necessario un consumo più controllato di questo componente nella dieta.  

      Per quanto riguarda le carni rosse (ma non solo), invece, il concetto chiave è la moderazione che, sebbene sia un principio antico, dovrebbe essere applicato con maggiore consapevolezza nella dieta quotidiana. Così come per lo zucchero, la carne rossa non va demonizzata, ma deve essere assunta nella giusta quantità, in relazione all’età, al metabolismo e alle esigenze nutrizionali individuali. 

      3 – Come può l’alimentazione adattarsi alle diverse fasi della vita e alle esigenze individuali?

        Le necessità nutrizionali cambiano nel corso della vita e devono essere sempre correlate alle caratteristiche del singolo individuo. Ad esempio, una persona molto sportiva può permettersi un maggiore apporto di zuccheri, mentre una donna con un ciclo abbondante potrebbe aver bisogno di aumentare il consumo di carne rossa per prevenire carenze di ferro, senza ricorrere agli integratori.  

        Con l’avanzare dell’età, il metabolismo rallenta e il fabbisogno energetico si riduce. È per questo che chi ha praticato sport a livello agonistico, una volta terminata l’attività, dovrebbe comunque mantenere un buon livello di esercizio fisico (così come chiunque voglia preservare la propria salute). L’attività fisica, infatti, è essenziale per stimolare il metabolismo, consumare energia e mantenere la massa muscolare. Infatti, uno degli aspetti più critici in questo contesto è la sarcopenia, ovvero la progressiva perdita di massa muscolare, un fenomeno che dopo i 50 anni diventa un serio fattore di rischio per la salute, aumentando la probabilità di infortuni. Le donne sono più penalizzate, da questa problematica che si aggiunge spesso all’osteoporosi , ma sono anche più attente alla prevenzione, ricorrendo in questo caso a controlli come la MOC, integratori di vitamina D, calcio e, se necessario, terapie specifiche. Per contrastare la sarcopenia, è fondamentale un’adeguata integrazione proteica, anche a colazione. assumendo almeno 20 grammi di proteine ad ogni pasto, evitando un eccesso di zuccheri e dolci. Si tratta di un cambiamento “culturale” (se pensiamo che per la maggior parte degli italiani la colazione è per definizione zuccherina, con cappuccio e cornetto), essenziale per promuovere il benessere della popolazione adulta. 

        4 – Proprio per l’attenzione alla dieta come elemento chiave del benessere sono sempre più diffusi diversi stili di alimentazione che vanno oltre la classica differenza tra “onnivori” e vegetariani. Pescitariano, vegano, plant-based, keto, paleo, crudista, greenmed etc… Quanto questi stili, o anche solo orientarsi verso un’alimentazione priva delle proteine della carne o a esclusiva base vegetale, può favorire il benessere gastro-intestinale? 

          Viviamo in un paese che ha una storia e una cultura che vede nel modello mediterraneo uno dei più piacevoli, anche dal punto di vista organolettico. Il piacere della vita e del cibo rappresenta un fattore estremamente importante per il benessere della nostra salute e del nostro microbiota. 

          Abbiamo a disposizione un ampio ventaglio di regimi alimentari, spaziando dal vegetarianismo al veganismo fino a quelli più rigidi come il crudismo. Tuttavia, non sempre questi modelli sono facilmente “sostenibili” dal punto di vista della salute intestinale. Ad esempio, molte persone che escludono completamente carne e pesce si affidano alle proteine vegetali, presenti principalmente nei legumi, frutta secca e semi. Tuttavia, un consumo eccessivo di legumi può generare fermentazioni intestinali significative, causando gonfiore e disturbi digestivi, problemi particolarmente diffusi tra la popolazione femminile.  

          Negli ultimi anni, stanno emergendo nuove filosofie alimentari supportate da evidenze scientifiche, tra cui la Green-Med (Mediterranean Green Diet). Questo tipo di dieta si basa su una versione potenziata di quella mediterranea, con una riduzione ancora più marcata del consumo di carne rossa e un’integrazione di alimenti di origine vegetale, spesso provenienti da altre tradizioni culinarie, come la curcuma, il thè verde e il Mankai. Il Mankai, noto anche come “lenticchia d’acqua”, è un superfood ricco di proteine (circa il 40% del suo peso), ferro e vitamina B12, sostanze che solitamente scarseggiano nei regimi vegetariani e vegani. Questo alimento, molto diffuso nel Sud-Est asiatico e in Israele, rappresenta una valida opzione per integrare la dieta mediterranea con un elevato apporto proteico e polifenolico. Il Mankai è anche un prodotto sostenibile: infatti, rispetto ad alimenti come la soia, può svilupparsi tramite la coltivazione idroponica, ovvero sostituendo la presenza del terreno con un substrato di acqua ricco di nutrienti.  

          Chi decide di seguire un’alimentazione più restrittiva deve però farlo con consapevolezza. È fondamentale comprendere il proprio fabbisogno nutrizionale per evitare carenze di vitamina B12, acido folico e vitamina D, che possono derivare da scelte alimentari troppo rigide. Una dieta squilibrata, infatti, non offre necessariamente benefici per l’apparato intestinale rispetto al modello mediterraneo classico.  

          In definitiva, l’alimentazione deve essere sempre adattata alle esigenze personali e gestita con attenzione.

          5 – Professore, quali sono in sintesi i vantaggi associati alla dieta mediterranea?

            La dieta mediterranea è un modello alimentare davvero eccellente, poiché non solo è gustoso e piacevole, ma anche in grado di prolungare la vita e ridurre i rischi di malattie, soprattutto quelle cardiovascolari e oncologiche.

            Un’alimentazione mediterranea classica, se ricca di frutta, verdura e pesce, è ottima. Tuttavia, quando si abbina a un uso eccessivo di dolci, come accade nelle regioni meridionali d’Italia, i benefici vengono meno. 

            6 – In che misura “vale” ancora la regola delle 5 porzioni di frutta e verdura al giorno? Sono condizioni necessarie e/o sufficienti per un’alimentazione “sana”?

              La regola delle 5 porzioni di frutta e verdura al giorno è ancora un buon punto di riferimento, ma è importante considerarla come una guida flessibile e non come un requisito rigido per una dieta sana. In effetti, la distribuzione di queste porzioni dovrebbe idealmente includere 3 porzioni di verdura e 2 di frutta, poiché la frutta tende a essere più zuccherina rispetto alla verdura. Sebbene la frutta sia un ottimo spuntino, per chi ha problemi di diabete o prediabete sarebbe meglio consumarla durante i pasti per evitare picchi glicemici improvvisi. Per esempio, una banana consumata alle 17:00 potrebbe determinare un picco glicemico più elevato rispetto a una banana mangiata dopo un pasto che include carboidrati integrali, come pane integrale o pasta integrale. Per i giovani e le persone attive, mangiare frutta fuori pasto non rappresenta un problema, ma per chi ha problemi glicemici o per chi cerca di mantenere un equilibrio più rigoroso, è preferibile consumarla al termine dei pasti.

              I vegetali, con l’eccezione delle patate che sono ad alto contenuto di carboidrati, sono fondamentali per una dieta equilibrata. 

              Consiglio sempre di orientarsi verso scelte stagionali, che permettono di godere della varietà e della qualità dei prodotti freschi. I nostri nonni, ad esempio, non mangiavano pomodori a febbraio, ma è comunque possibile ottenere ottimi risultati anche in inverno consumando passate di pomodoro di alta qualità. 

              La varietà è un altro aspetto fondamentale. Non esistono “superalimenti” da soli, ma è il mix di colori e tipi di vegetali che offre il massimo beneficio. Ad esempio, broccoli, cavoli e cavolfiori sono estremamente salutari, ma potrebbero non essere adatti a chi ha problemi alla tiroide, poiché contengono composti che possono interferire con la funzione tiroidea. Pertanto, la varietà e la stagionalità devono prevalere su qualsiasi regola numerica rigida. Ogni gruppo di vegetali ha caratteristiche uniche che contribuiscono in modo diverso alla salute, e un’adeguata combinazione di questi può garantire il massimo beneficio.

              7 – Perché i giovani e gli adulti (in fascia di età compresa tra i 22 e 44 anni) sono maggiormente colpiti dai disturbi gastrointestinali? 

                I giovani soffrono più frequentemente di disturbi gastrointestinali, principalmente perché seguono abitudini alimentari meno corrette. Spesso hanno informazioni confuse sul cibo, meno esperienza nella gestione dei pasti e maggiori occasioni di mangiare cibi poco salutari, come panini o pizza, consumati rapidamente e magari davanti a uno schermo, anche quando si è in compagnia. Gli adulti, invece, tendono a rispettare maggiormente “regole” alimentari più sane, anche per una maggiore cautela legata all’età e alla presenza di eventuali disturbi di salute che li rendono più attenti.

                In aggiunta, contano molto anche le modalità di assunzione del cibo. Le persone adulte, infatti, tendono a valorizzare di più la condivisione dei pasti, la convivialità e il consumo di cibo in un ambiente rilassato, senza distrazioni come televisione o smartphone. Tuttavia, al giorno d’oggi, si propende per un consumo veloce, frettoloso, così da dedicarsi subito ad altre attività.

                Rispetto alle porzioni, se il pranzo risulta essere leggero, non bisogna compensare con una cena abbondante, che concentri la gran parte dell’apporto calorico e proteico giornaliero. Se questo accade, la soluzione ideale è potenziare la colazione con alimenti nutrienti e bilanciati: due uova, formaggio magro, yogurt naturale (evitando quelli che contengono zuccheri aggiunti), frutta fresca e una bevanda a piacere, come caffè o tè. Questo aiuta a mantenere energia costante durante la giornata, evitando una cena eccessiva e tardiva, che può compromettere la digestione e il riposo.

                Infine, un altro errore da evitare assolutamente – e che si lega in parte alla questione relativa alle modalità di consumo – è stendersi subito sul divano o sul letto dopo i pasti.  Questo vale soprattutto per chi soffre di reflusso gastroesofageo o problemi digestivi. Anticipare l’orario della cena, renderla più leggera e mantenere una posizione eretta per qualche tempo dopo aver mangiato o, ancora meglio, fare una passeggiata dopo i pasti, anche solo di 30 minuti, sono abitudini semplici ma essenziali per la salute digestiva.

                8 – I disturbi intestinali – la regolarità e il gonfiore soprattutto – hanno un certo impatto sulla qualità della vita. Sovente si parla di disturbi funzionali. Cosa significa e qual è il ruolo del microbiota intestinale? Ci può aiutare a fare chiarezza?

                  I disturbi legati al gonfiore e ad altri problemi gastrointestinali sono sempre più diffusi, soprattutto tra i giovani adulti e la popolazione femminile. Sono indici di una particolare condizione come la sindrome dell’intestino irritabile, una malattia funzionale in cui l’intestino appare strutturalmente sano, ma non funziona correttamente. Questo può causare stipsi, diarrea e fermentazioni anomale, con il gonfiore e il meteorismo come sintomi comuni. Molti di questi problemi sono legati alla disbiosi, uno squilibrio della flora batterica intestinale che rappresenta oggi uno dei campi di ricerca più delicati e avanzati, non solo in gastroenterologia, ma anche in medicina generale. Questo perché il microbiota intestinale contiene un patrimonio genetico addirittura più ampio di quello umano, configurandosi come una sorta di satellite genetico che gioca un ruolo fondamentale nella nostra sopravvivenza. Sebbene le differenze genetiche tra l’uomo e i suoi antenati siano minime, è proprio l’enorme complessità del microbiota a permetterci di adattarci all’ambiente in cui viviamo, evolvendosi nel tempo.

                  Alla nascita, l’intestino è completamente privo di batteri. La colonizzazione batterica avviene gradualmente nei primi anni di vita e, già entro i tre anni, il microbiota si stabilizza in modo significativo. A dieci anni, questo equilibrio (o squilibrio) è ormai definito. La sua composizione è influenzata da numerosi fattori, come l’alimentazione, l’ambiente familiare (sereno o stressato), le abitudini di vita e persino il tipo di parto. Oggi si fa riferimento al microbiota parlando di “fingerprint”, un’impronta unica che caratterizza il microbiota di ciascuno di noi.

                  Curiosamente, anche il tipo di parto – naturale o cesareo – può influire sul nostro microbiota, con studi che suggeriscono differenze significative nelle problematiche di salute a lungo termine. I batteri acquisiti alla nascita, tramite passaggio nel canale vaginale, possono influenzare lo sviluppo del sistema immunitario e possono persino diminuire il rischio di disturbi neurologici.

                  Durante la vita, poi, eventi come stress intensi (come traumi emotivi e affettivi, o difficoltà prima scolastiche e poi lavorative) diete squilibrate, malattie o l’uso prolungato di antibiotici possono alterare il microbiota intestinale, innescando un processo pro-infiammatorio. Si tratta di una micro-infiammazione cronica, diversa dall’infiammazione acuta visibile: questo stato infiammatorio di basso grado è un fattore determinante nello sviluppo di numerose patologie degenerative, come malattie cardiovascolari e tumori.

                  La parete intestinale, che normalmente funge da barriera protettiva, diventa permeabile quando il microbiota è squilibrato, permettendo a sostanze esterne (come cibo, farmaci e tossine) di attraversare questa barriera e interagire con il sistema immunitario, attivando l’infiammazione.

                  Proprio la fermentazione intestinale e il gonfiore addominale sono segnali di questi squilibri: dietro a questi sintomi può nascondersi un sistema molto più complesso, che può predisporre, nel tempo, a problemi di salute più gravi. Oggi si stanno scoprendo connessioni tra il microbiota intestinale e molte malattie autoimmuni, nonché disturbi neurodegenerativi come il Parkinson e alcune forme di demenza.

                  Stile di vita e benessere psico-fisico

                  1 – Professore, quanto conta lo stile di vita per preservare l’equilibrio del nostro apparato gastro-intestinale e cosa si intende per uno “stile di vita sano”? 

                    Già nel 1948, l’OMS ha ampliato la definizione di salute, superando il concetto di mera assenza di malattia e includendo l’equilibrio tra l’individuo e l’ambiente in cui vive. Nel tempo, questa visione si è evoluta, riconoscendo che il benessere dipende da molteplici fattori, tra cui lo stile di vita e le scelte alimentari. Queste ultime rivestono un ruolo fondamentale, ma è l’insieme delle abitudini quotidiane a determinare circa il 50% del rischio di sviluppare malattie.  

                    In questo scenario, l’alimentazione assume un’importanza centrale. Il modello mediterraneo, caratterizzato da un alto consumo di vegetali, olio d’oliva, pesce e frutta secca come noci, nocciole e mandorle, rappresenta un punto di riferimento essenziale. Studi recenti evidenziano che, contrariamente a quanto si pensava, anche piccole quantità di frutta secca (30-40 grammi al giorno) possono ridurre significativamente il rischio di malattie cardiovascolari, contribuendo ad abbassare il colesterolo senza necessità di farmaci. Inoltre, è consigliabile privilegiare i cereali integrali e consumare il vino con moderazione, preferibilmente durante i pasti, evitando di concentrarne l’assunzione solo nei fine settimana.

                    L’attività fisica è fondamentale, ma deve essere definita con precisione. L’ideale è praticare almeno mezz’ora al giorno di camminata energica (la cosiddetta “brisk walking”), almeno 4-5 volte a settimana, per ottenere benefici significativi. È importante evitare gli eccessi, poiché uno stress fisico estremo, come quello degli atleti professionisti, può avere effetti negativi sulla salute.

                    Un altro aspetto fondamentale che spesso viene sottovalutato è il sonno, che, se regolare e in quantità sufficiente (7-9 ore per gli adulti) rappresenta un toccasana essenziale per la salute mentale e fisica. Durante il sonno, infatti, il nostro corpo “pulisce” i detriti biologici accumulati durante la giornata. La fase “N3 deep sleep”  del sonno (che non corrisponde a quella in cui si sogna), in particolare, è quella che consente questa pulizia e favorisce la memoria e l’attività cognitiva. È quindi cruciale evitare interruzioni frequenti del sonno per permettere al corpo di entrare in questa fase rigenerante.

                    Oltre a questi componenti base di uno stile di vita sano, oggi si sta affermando un nuovo elemento fondamente: il piacere del vivere. Questo principio, nato in ambito psichiatrico, sta progressivamente emergendo in tutte le ricerche sul benessere.

                    Il piacere del vivere non significa semplicemente concedersi vacanze o evitare il lavoro, ma trovare gioia nelle attività quotidiane e vivere in armonia con sé stessi e con ciò che si fa, svolgere un lavoro che si ama e trovare gratificazione nelle piccole cose. Anche l’alimentazione rientra in questo concetto: la parola “dieta” è spesso associata alla privazione, ma il suo significato originario è proprio “stile di vita”. La dieta non deve essere un insieme di restrizioni, bensì un equilibrio che influisce sul microbiota intestinale, sui processi biologici e sulla produzione di serotonina – l’ormone del benessere.

                    2 – In un mondo sempre più industrializzato, quali consigli darebbe per fare delle scelte consapevoli e sane durante l’acquisto di alimenti al supermercato?

                      Scegliere consapevolmente gli alimenti, informandosi sulla loro provenienza, dovrebbe diventare un’abitudine, soprattutto in un’epoca in cui l’iper processazione dei cibi è sempre più diffusa. Molti prodotti, infatti, sono assemblati con ingredienti iper-trasformati che, pur apportando calorie, risultano poveri di nutrienti essenziali. Di fronte a queste criticità, cambiare la cultura alimentare diventa una necessità: solo evitando di acquistare certi prodotti si può influenzare il mercato e spingere verso scelte più sostenibili. Per questo, diffondere maggiore consapevolezza alimentare è fondamentale.

                      Falsi miti e disinformazione

                      1 – Molte persone credono che un bicchiere di vino al giorno possa far bene alla salute o che, per lo meno, non sia nocivo. È così? E l’amaro a fine pasto, a un “valore digestivo”? E il caffè? Il cioccolato?

                        Il caffè, anche decaffeinato, è uno splendido alimento in quanto ricco di polifenoli. Deve però essere consumato in quantità moderate e da persone sane; se invece parliamo di pazienti cardiopatici con aritmie, la situazione è diversa. Una persona adulta sana che beve 2-3 caffè al giorno ne trae grandi benefici, senza alcun problema.

                        Lo stesso principio vale per il vino, che deriva dalla fermentazione dell’uva e conserva le proprietà nutritive del frutto. Tuttavia, anche in questo caso, la moderazione è fondamentale: un bicchiere al giorno può rientrare in uno stile di vita sano, mentre concentrare il consumo settimanale in un’unica serata (il cosiddetto “binge drinking”) è una pratica da evitare. Nel contesto della dieta mediterranea, il vino gioca un ruolo significativo, contribuendo al 20% dei suoi benefici complessivi. Escluderlo dalla dieta comporta una riduzione di questi vantaggi.

                        Tutto sommato, il vino (soprattutto rosso, che contiene meno zucchero di quello bianco), se consumato correttamente, può portare dei benefici. Il concetto della “curva J” è fondamentale: un consumo moderato di vino, intorno ai 20-25 grammi per gli uomini (due bicchieri) e circa un bicchiere per le donne, riduce il rischio di mortalità e malattie cardiovascolari rispetto agli astemi. Al contrario, quando il consumo supera questa soglia, i rischi per la salute aumentano significativamente.

                        Diverso è il caso delle bevande alcoliche ad alta gradazione, come gli amari digestivi. Contrariamente alla credenza diffusa, non favoriscono la digestione e, anzi, spesso contengono elevate quantità di alcol. Il loro consumo, soprattutto dopo un pasto al ristorante, può rappresentare un rischio poi per la sicurezza stradale, aumentando la probabilità di superare il limite legale di alcolemia alla guida.

                        La birra, pur essendo diversa dai superalcolici, non può essere equiparata al vino. Sebbene contenga polifenoli, la loro concentrazione è inferiore rispetto a quella del vino rosso. Il principale problema della birra è che, nonostante il suo basso contenuto alcolico, il consumo elevato può portare a un eccesso di zuccheri e a un significativo aumento dell’apporto calorico.

                        Tutte le volte in cui si parla di cioccolato, lo si classifica come un alimento negativo in assoluto: questo mito è parte della nostra tradizione e cultura. Il cioccolato ha in realtà una quantità eccezionale di polifenoli ed è un superalimento. Tuttavia, per sfruttare al meglio i suoi benefici, bisogna scegliere un cioccolato fondente almeno all’80% e di buona qualità. Invece, il cioccolato al latte e i cremini non sono da considerare, poiché spesso contengono grassi aggiunti e zuccheri elevati. 

                        Anche le noci, nocciole e mandorle, come abbiamo già detto, sono ottimi alimenti da integrare nel nostro modello alimentare, ma è importante masticarli bene per facilitarne l’assorbimento. Sono tutti alimenti che derivano dalla nostra tradizione mediterranea e che hanno un grande valore nutrizionale, e il fatto che sono alimenti che non portano benefici è un mito assolutamente da sfatare.

                        2 – Bere molta acqua è il consiglio di qualunque medico per migliorare la nostra salute generale: può indicarci, in maniera approssimativa, quanta acqua dovremmo consumare durante i pasti?

                          Bere molta acqua durante i pasti è un errore da un punto di vista gastroenterologico. L’eccesso di liquidi distende lo stomaco, rallenta lo svuotamento gastrico e diluisce i succhi gastrici, riducendo la capacità enzimatica di digestione. È meglio arrivare al pasto già idratati, e se si consumano cibi come le minestre, bisogna evitare di renderle troppo liquide poiché possono rendere la digestione più difficile. 

                          La minestra preparata con il dado è una combinazione che può essere dannosa. Essendo ricco di sale, rappresenta un problema per chi soffre di ipertensione, mentre la minestrina, composta principalmente da acqua e poca pasta, offre un valore nutrizionale scarso, specialmente in termini di proteine. 

                          Automedicazione e altri rimedi: i consigli dell’esperto

                          1 – In quali situazioni sarebbe opportuno considerare l’uso di farmaci da banco per trattare i più comuni disturbi gastro-intestinali? (p.es. stitichezza occasionale, cattiva digestione, acidità, …).

                            Nella società moderna, l’uso dei farmaci di automedicazione è una pratica sempre più diffusa, ancor più durante le vacanze, quando l’accesso alle strutture sanitarie può essere più difficoltoso.  

                            In questi periodi, è comune incorrere in piccoli disturbi dovuti a pasti abbondanti o infezioni virali, che possono colpire l’apparato digerente o manifestarsi con sintomi influenzali. Episodi di diarrea, febbre o altri disagi possono compromettere il benessere e rovinare l’esperienza della vacanza.  

                            Per questo motivo, molte persone scelgono di acquistare in farmacia farmaci già noti e utilizzati in passato. Il farmacista, infatti, può fornire consigli preziosi per individuare il trattamento più adatto, come un farmaco per bloccare la diarrea o un lassativo in caso di stipsi occasionale. Quest’ultima, in particolare, è un disturbo molto comune durante le vacanze, soprattutto tra le donne, e può diventare fonte di disagio quando la regolarità intestinale viene alterata per diversi giorni. In questi casi, il supporto del farmacista diventa essenziale per individuare il rimedio più efficace.  

                            Tra i farmaci utili in vacanza e/o nei periodi di festa, come quello pasquale, rientrano anche antiacidi, protettori gastrici e procinetici per stimolare la motilità dello stomaco, fondamentali per prevenire o gestire disturbi digestivi.  

                            Questa possibilità di accesso a farmaci acquistabili senza obbligo di ricetta rappresenta un’importante risorsa, resa possibile grazie alla collaborazione tra cittadini e farmacisti. I medicinali destinati all’automedicazione sono facilmente riconoscibili grazie a un logo distintivo: il bollino rosso che sorride sulla confezione.

                            2 – In caso di “patologie funzionali” dell’intestino, quali sono i campanelli d’allarme e come affrontarli in modo corretto?

                              È fondamentale prestare attenzione ai segnali di allarme, cioè ai sintomi che richiedono necessariamente una consulenza medica. È importante sapere quando cercare un parere medico. Alcuni segnali di allarme includono la perdita di sangue (se, ad esempio, si evacua materiale di colore rosso o nero), dolori addominali persistenti o che peggiorano nonostante l’uso di farmaci o in presenza di diarrea severa e persisitente.

                              Inoltre, in caso di vomito continuo o ripetuto per ore e febbre alta (sopra i 39°C), che non si risolve con il paracetamolo, è necessario rivolgersi tempestivamente a un medico o recarsi al pronto soccorso.

                              I 5 consigli dell’esperto

                              Professore, ci potrebbe indicare 5 consigli relativi all’alimentazione e alle abitudini quotidiane utili a evitare l’insorgenza di questi disturbi e/o gestire al meglio i loro sintomi, anche in vista della stagione estiva, un tempo considerato di “detox”? 

                              Seguire un regime alimentare sano: l’alimentazione mediterranea è la base di un regime sano. Per ottenere un effetto detox più marcato, è utile aumentare il consumo di alimenti di origine vegetale, come frutta e verdura, ed evitare i prodotti eccessivamente lavorati. La processazione industriale degli alimenti spesso comporta un eccessivo trattamento che ne riduce la qualità nutrizionale aumentandone, spesso, l’apporto energetico. È quindi preferibile scegliere ingredienti freschi e minimamente trasformati, utilizzando metodi di cottura semplici e salutari.

                              1. Bere molti liquidi fuori pasto: spesso si tende a bere solo durante i pasti, ma per favorire il processo di depurazione del corpo è fondamentale assumere liquidi durante tutta la giornata. L’acqua aiuta a eliminare le tossine e contribuisce al benessere generale dell’organismo.
                              2. Fare attività fisica, in generale e soprattutto dopo i pasti: almeno 30 minuti di camminata al giorno sono essenziali per mantenere il corpo attivo. L’ideale è svolgere attività fisica dopo i pasti, piuttosto che prima: muoversi dopo aver mangiato aiuta la digestione e migliora il metabolismo, evitando di accumulare eccessi calorici.
                              3. Dormire almeno sette ore a notte: il riposo è fondamentale per il benessere fisico e mentale. Anche se si tende a sottovalutare l’importanza del sonno, dormire almeno 7 ore a notte aiuta il corpo a rigenerarsi e a mantenere un equilibrio ottimale.
                              4. Riscoprire la socialità durante i pasti: un aspetto fondamentale dell’alimentazione, che tutti dovrebbero considerare, è il valore di mangiare in compagnia. Sarebbe bello riscoprire il piacere di condividere i pasti, dando importanza all’aspetto sociale dell’alimentazione e ai benefici che ne derivano.
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