fbpx
Ciao, sono bollino!

Malattia da graffio di gatto: esiste davvero?

Tempo di lettura: 2 minuti
graffio del gatto

I gatti, e molti di noi che con loro condividiamo lo spazio domestico, sono animali adorabili. Tuttavia, mai dimenticare che il contatto “ravvicinato” con un felino, specie se randagio, può nascondere qualche insidia, se l’animale non vuole essere avvicinato e reagisce con le sue armi, ovvero unghie e denti. Se ci si avventura, infatti, ad accarezzare mici che non sono abituati al contatto con gli estranei, c’è il pericolo che la reazione dell’animale possa manifestarsi con una rapida “unghiata” che graffia la pelle, anche in profondità.
Oppure, se ci si avvicina alla testa del felino, questo può ribellarsi all’atto di amicizia con un morso, che lacera la pelle. Sono fondamentalmente queste due le situazioni in cui, sia pure raramente, si può andare incontro a quella che volgarmente viene detta “la malattia da graffio di gatto”. Pur essendo così chiamata, la patologia si può sviluppare anche in seguito ad un morso dell’animale. In entrambi i casi, la prima regola è quella di utilizzare i presidi di automedicazione per una disinfezione accurata dell’area cutanea interessata dalla lesione, in modo da ridurre il rischio che si creino infezioni.
Ma di cosa si tratta esattamente?

Perché e come si manifesta il disturbo?

La causa della malattia del graffio sarebbe un batterio, chiamato Bartonella henselae di cui sono portatori soprattutto i gatti randagi di città ed insorge in soggetti che vengono a contatto con essi.
A preoccupare, in termini generali, sono soprattutto i mici molto piccoli, quelli che fanno più tenerezza, se infestati da pulci, le responsabili della trasmissione del batterio ai gatti. Nell’area di pelle interessata dalla lesione, ovvero dal graffio o morso indesiderato, a distanza di qualche giorno, compare una sorta di gonfiore segno della reazione del corpo verso il batterio.
Poi, al massimo nei quindici giorni successivi, tendono a gonfiarsi le ghiandole linfatiche nella zona vicina alla lesione, con un gonfiore che può durare anche per diverse settimane ed è segno della risposta difensiva dell’organismo.
Col tempo, insomma, il sistema immunitario sconfigge l’infezione e, normalmente, l’immunità contro il batterio rimane nel tempo. Se nella stragrande maggioranza dei casi, l’infezione legata a questo quadro si risolve da sola una volta, esistono però casi, piuttosto rari, in cui il quadro è più serio. Raramente infatti, si può andare incontro ad un rialzo della temperatura con febbre che si mantiene nel tempo e che altrimenti sarebbe inspiegabile, dolori alle articolazioni, congiuntiviti ripetute e anche ingrossamento del fegato a della milza.

Come affrontare i disturbi

Come detto, in genere, il quadro è benigno e tende a risolversi da solo. Tuttavia, il parere del medico può essere importante soprattutto per valutare l’entità del quadro e il suo andamento nel tempo. Per affrontare i sintomi e i segni specifici, quando sono di breve durata, possono essere aiuto i farmaci di automedicazione, ad esempio ad azione antisettica per mantenere ben detersa l’area della lesione cutanea o per contrastare, eventualmente, la febbre e i disturbi agli occhi qualora presenti, come bruciore, arrossamenti e sensazione di corpo estraneo. In ogni caso, prevenire è sempre meglio: attenzione a non entrare nella “sfera” di mici che non conoscete! La loro reazione è sicuramente rapida, ma può non essere indolore.

Tags