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Ciao, sono bollino!

Settembre….. Driiiiiiiiin! Suona la campanella!

Tempo di lettura: 7 minuti
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L’estate sta finendo, recitava un grande successo musicale di qualche anno fa. Ed è proprio così. A parte i pochi fortunati che ancora hanno la possibilità di sfruttare le tiepide giornate settembrine per non dire addio alle spiagge o alle passeggiate in campagna, le vacanze sono finite o agli sgoccioli per molti. È soprattutto per i più piccoli che le giornate in arrivo segnano drasticamente il passaggio dalla spensieratezza all’impegno.

Si torna tra i banchi di scuola e ricomincia ad ogni età il percorso didattico. Pur se è vero che le diverse regioni si muovono con date variabili, settembre segna il ritorno della campanella per tutti i bambini e i ragazzi. Insieme ai ritmi di vita consueti, tornano a fare capolino tanti piccoli problemi di salute. Nulla di grave, sia chiaro: ma a volte il ritorno a scuola nasconde fastidi legati alla diffusione dei virus respiratori o gastrointestinali, piccole tensioni – specie quando si fa più fatica a tornare ai soliti ritmi di sonno/veglia – che si scaricano sul corpo con mal di pancia e cefalee leggere, condizioni legate alla prossimità fisica come la pediculosi.

Insomma, complice anche la meteorologia, che obbliga a rimanere di più in ambienti chiusi, ricompaiono problemi che sembravano dimenticati nella spensieratezza estiva. Per fortuna i genitori hanno sempre il pediatra al loro fianco quando è necessario il parere del medico e dispongono di un ampio armamentario di farmaci di automedicazione che se necessario possono essere utili ad affrontare i piccoli disturbi dei più piccoli… senza dimenticare la prevenzione!

Prime infreddature, ma non è influenza

Finalmente è passato. Viene da dirlo quando, dopo qualche giorno di naso chiuso, starnuti a ripetizione, occhi arrossati e una fastidiosa stanchezza il bimbo ha vinto la battaglia contro il virus che gli ha causato il raffreddore. E invece, purtroppo, a volte i virus ritornano e lo fanno anche a breve distanza di tempo. Questo avviene perché in ambito comunitario (quindi a scuola e all’asilo), il raffreddore da infezioni virale passa da un bambino e l’altro come in una sorta di “ping-pong”.

Tuttavia, si tratta di un malessere passeggero che non ha niente a che fare con la classica influenza che, invece, farà la sua comparsa con il freddo, portando con sé , oltre ai sintomi respiratori, anche febbre alta. Se nel caso dell’infezione principe dell’inverno, una volta passata, non ci si ricasca, per il raffreddore la situazione è diversa. Purtroppo sono tantissimi i virus che possono provocarne i sintomi. In termini generali, comunque, teniamo presenti soprattutto cinque “gruppi”.

Al primo posto ci sono i rinovirus, che sono presenti nell’ambiente tutto l’anno, scatenandosi, soprattutto, in primavera e in autunno. Da due a quattro casi di raffreddore sono legati alla loro attività. I virus parainfluenzali, solo di nome simili a quelli che causano l’influenza, tendono a manifestarsi come “coda” dell’epidemia influenzale e quindi sono più diffusi tra marzo e maggio. I coronavirus sono i più temibili, visto che causano una sindrome capace di durare anche più di una settimana, e colpiscono soprattutto gli adulti. Questi virus tendono però  a concentrare il loro effetto nel periodo più freddo.

Per i bambini, invece, i più temuti sono gli adenovirus che possono anche scegliere il naso e le vie respiratorie come “seconda casa”, perché la loro diffusione è massiccia in altri apparati. Gli adenovirus, concentrandosi nell’intestino e quindi nelle feci possono passare con più facilità al naso attraverso le mani, diffondendosi a macchia d’olio tra i banchi e in famiglia.

Attenzione al mal di pancia!

Le cause possono essere molte. Un alimento non conservato al meglio, un virus che si passa attraverso le mani non proprio pulite dei più piccoli, un’infreddatura improvvisa. Ma il risultato è sempre simile. Il funzionamento dello stomaco si altera e compare la nausea, a volte accompagnata dal vomito, e l’intestino perde il suo naturale ritmo, con il mal di pancia che apre la strada alle scariche diarroiche. La terapia principale in quest’ultimo caso è bere tantissima acqua, unita  – nausea permettendo – a succhi di frutta e frullati che permetto di integrare i sali minerali e sostenere comunque con del nutrimento l’organismo in caso di inappetenza.

In alcuni casi, se vomito e diarrea dovessero essere particolarmente frequenti/violenti per evitare il rischio di disidratazione, si può anche, sentito il pediatra, optare per l’assunzione di integratori di sali minerali da sciogliere in acqua e da scegliere in base all’età e al peso corporeo. In generale, ragionando in base al peso del bambino, una buona regola è calcolare l’assunzione di 100 ml per ogni chilo di peso nelle 24 ore. Non preoccupatevi troppo invece se il piccolo non mangia.

Se vomita non dategli del cibo, anzi, se volesse mangiare dategli piccoli assaggi di cibo in dosi frazionate e fategli fare piccoli pasti. In caso di febbre alta poi, i farmaci di automedicazione ad azione antipiretica e antinfiammatoria possono essere d’aiuto. Ricordate di somministrarli per bocca se ha diarrea o per supposta se ha vomito.

Che sonno, mamma!

Bella l’estate! Si assumono ritmi del sonno diversi, si gioca la sera, si è molto rilassati. Quando invece le vacanze finiscono, proprio i bambini possono avere maggiore difficoltà a riprendere il ritmo di vita obbligato dal ritorno a scuola con ripercussioni sul benessere psicologico e fisico. Possono comparire piccole ansie, disturbi del ritmo del sonno, difficoltà a riposare a dovere.

Detto che i farmaci di automedicazione a base di valeriana e passiflora con azione blandamente sedativa possono aiutare a risolvere dolcemente i fastidi, quando questi sono di breve durata, occorre sempre il parere del pediatra se la situazione tende a mantenersi nel tempo, specie se il bambino fa i capricci prima di andare a scuola e  se ha difficoltà  a staccarsi dalla propria casa.
Volete una prova? Controllate se incubi o dolori di pancia inspiegabili scompaiono come per incanto nei giorni del week end. In questo caso il rapporto con la scuola appare centrale e va discusso con il pediatra e con le maestre.

Ricordate però che sotto il profilo fisico i disturbi possono assumere caratteristiche varie: si va dal mal di pancia che compare la mattina presto fino al mal di testa. Oppure la difficoltà del distacco compare solamente quando si arriva all’edificio scolastico, e il bambino si sfoga con pianti irrefrenabili e capricci. In qualche modo si tratta di una sorta di “fobia” della scuola che nei casi più gravi può portare a vere e proprie crisi di panico con sintomi preoccupanti, come tremori, pallori improvvisi e mancanze di respiro.

Non dimenticate poi che il classico mal di testa nei bambini a volte non si manifesta nella sua forma tipica, ma piuttosto assume caratteristiche che fanno pensare ad altri problemi che interessano l’apparato gastrointestinale. Capita quando si verificano i cosiddetti “equivalenti emicranici”, che provocano sintomi diversi, in particolare a carico della pancia. Questa forma di equivalente emicranico è estremamente tipica proprio dell’età infantile ed anche abbastanza comune, tanto da interessare anche tre bambini su cento, soprattutto tra i quattro e i dieci anni.

Cosa succede in pratica? I fastidi, invece di interessare il capo, si concentrano all’addome, anche se possono assumere connotazioni diverse rispetto al “mal di pancia vero”, caratterizzato da spasmi (e quindi a contrazione del viscere) e spesso associato a gonfiore. Ad esempio quando è presente il dolore alla pancia questo si presenta  come un fastidio continuo che interessa soprattutto la zona centrale dell’addome e tende a risolversi da solo entro un’ora, più o meno come potrebbe accadere con un di mal di testa.

Associati al dolore, ma a volte anche senza che questo sia particolarmente intenso, possono comparire nausea e vomito. Proprio la comparsa di vomito, ovviamente quando questo sia indipendente da eventuali problemi virali o da cattiva digestione, rappresenta un segno di queste forme di emicrania “fuori posto”. Il vomito tende a ripresentarsi con una certa frequenza e le crisi possono durare per più ore. Il quadro, che si mantiene e si manifesta per un certo periodo per poi andare a sfumare da solo, va riconosciuto dal pediatra.

Pidocchi & Co, attenti ai falsi rimedi

Quasi invisibili, almeno fino a che non danno problemi. Poi terribilmente fastidiosi, e capaci di passare da una persona all’altra con la massima facilità. È questo l’identikit dei pidocchi e, in particolare, del pediculus capitis, parassita obbligato dell’uomo. Si può mantenere “vivo” esclusivamente nutrendosi di sangue umano, per cui ha bisogno di vivere vicino al cuoio capelluto. Lontano da questo ambiente non riesce a sopravvivere per più di una settimana.

Quando si trova in un ambiente alla temperatura ideale per il suo sviluppo, intorno ai 35-36 gradi, la femmina si attacca alla base del capello e vi depone le uova. Queste uova, chiamate lendini, si fissano in prossimità della radice del pelo attraverso una speciale sostanza chiamata chitina. Le lendini vengono prodotte in grande quantità dalla femmina adulta, che può deporne anche cinque o sei al giorno. Sono di colore biancastro e quasi invisibili, perché il loro diametro si aggira intorno al mezzo millimetro.

Nelle lendini il parassita cresce, raggiungendo lo stadio di ninfa. A questo punto la ninfa esce dall’uovo, che quindi rimane un contenitore vuoto sul capello e la ninfa cresce e diventa adulta, riprendendo la via riproduttiva se femmina. Ogni femmina deposita fino a 300 uova nella sua vita, che dura da uno a due mesi. E solo dopo diverse replicazioni si comincia a percepire la presenza dell’infestazione, che viene scoperta quando già nei capelli ci sono diverse migliaia di pidocchi. Ma soprattutto i pidocchi adulti hanno la capacità di spostarsi da una persona all’altra, allargando il contagio.

Contromisure? Non affidatevi a rimedi impropri, come gli impacchi con la maionese che non servono a nulla. È utile invece risciacquare i capelli con acqua e aceto sembra efficace nello staccare le lendini dal cuoio capelluto, perché l’aceto scioglie la sostanza collosa che tiene attaccate le uova ai capelli.
Una volta distaccate, le lendini possono essere eliminate con l’aiuto di un pettine a denti molto fitti. L’uso esclusivo di acqua e aceto non è però sufficiente per uccidere i pidocchi e per questo sono necessari prodotti ad azione antiparassitaria. La cura con i prodotti antiparassitari va iniziata solamente quando sono state identificate le lendini e non ha alcun significato preventivo. Non bisogna cioè sottoporre un bambino alle terapie anti-pidocchi solamente perché il suo compagno di banco ha subito l’invasione dei parassiti.

Fondamentali per evitare la diffusione del contagio sono poi alcune semplici regole. Prima di tutto bisogna lavare in lavatrice tutti i vestiti della persona infestata. Anche se non è una misura obbligatoria, si consiglia di lavare in lavatrice i vestiti in acqua a 60°C o a secco (in particolare i cappelli), oppure lasciare gli abiti all’aria aperta per  almeno 48 ore (i pidocchi non sopravvivono a lungo lontani dal cuoio capelluto). I giocattoli o gli oggetti che sono entrati in contatto con il soggetto infestato, se non lavabili, dovrebbero essere lasciati all’aria aperta oppure conservati in un sacchetto di plastica ben chiuso per due settimane.