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I malesseri più comuni del nostro apparato uditivo

Tempo di lettura: 8 minuti
mal d orecchie

Il magico mosaico dell’orecchio

Quando si pensa all’orecchio umano, subito si punta l’attenzione sull’udito. E magari ci si dimentica di quante e quali funzioni questo organo può svolgere per mantenerci in salute, considerando che nell’orecchio si trovano i punti nevralgici di due diversi “sensi” del corpo umano: il controllo dell’udito e quello dell’equilibrio.

La complessità dell’apparato uditivo è affascinante, a partire dalla parte dell’organo che vediamo, il padiglione oculare, parte dell’orecchio esterno. L’orecchio esterno è costituito da un lembo di cartilagine che fa da confine a un condotto lungo poco meno di tre centimetri. Questo canale è disseminato di peli e ghiandole che producono cerume, sostanza che frena l’entrata dei germi e dei corpi esterni, come ad esempio  granelli di polvere, verso l’interno.

Quando le vibrazioni sonore entrano in questo canale, detto appunto condotto uditivo esterno, vengono amplificate tanto da far vibrare la c.d membrana timpanica. È qui che inizia l’orecchio medio costituito da una cavità piena d’aria, cioè la cavità del timpano, compresa tra la membrana del timpanica e l’orecchio interno.

L’orecchio medio rappresenta l’elemento fondamentale per la trasmissione dei suoni. Le vibrazioni sonore vengono, infatti, convogliate ai tre ossicini, martello, incudine e staffa che si trovano nell’orecchio medio, che trasportano le vibrazioni fino alla via di passaggio, simile ad una piccola finestra ovale, per essere convogliate nella parte più interna dell’organo uditivo, l’orecchio interno, dove c’è la chiocciola, simile alla tastiera di un pianoforte, che ha il compito di trasformare i suoni in segnali nervosi, che verranno poi decodificati dal cervello.

A questo punto inizia il viaggio dello stimolo sonoro verso l’area uditiva, zona del sistema nervoso specificamente impegnata in questo senso. Nell’orecchio interno oltre alle cellule sensoriali, situate nella chiocciola (o coclea), si trovano le strutture che costituiscono l’organo dell’equilibrio, formato dai canali semicircolari , dall’otricolo e dal sacculo.

Grazie ai tre canali semicircolari, chiamati labirinto, ogni movimento della testa è costantemente controllato. Ogni canale semicircolare è disposto ad angolo retto rispetto agli altri due in modo che, ad ogni movimento i canali circolari ne individuano il tipo e trasmettono questa informazione al cervello. Questo, coordinando le informazioni provenienti anche dagli occhi e dai muscoli del corpo, valuterà la nostra posizione ed i movimenti necessari per mantenere l’equilibrio.

Questo ci dice l’anatomia. Ma spesso accade che piccole o più significative problematiche dell’orecchio possano influire sulla sua salute.
Questo può succedere anche quando i fastidi non interessano l’orecchio direttamente.

Non ci credete? Ecco le prove!

Si fa presto a dire mal d’orecchio

L’otalgia, questo il termine con cui si definisce correttamente il mal d’orecchio, è una sensazione dolorosa riferita all’orecchio. Spesso, pur essendo il dolore chiaramente localizzato all’orecchio, l’origine del problema va ricercato in un altro organo vicino (bocca, naso, gola, etc).

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, quando si manifesta un dolore diffuso all’orecchio, esso deriva da un’infiammazione del canale uditivo esterno (c.d. otite esterna).

L’otite esterna è una patologia frequente, la cui incidenza è alta soprattutto in estate per l’abbondanza di fattori favorenti quali: caldo, sudore, cloro dell’acqua di piscina, frequente penetrazione di shampoo, balsamo ed altri prodotti chimici (in estate a causa del caldo si fa più frequentemente la doccia), microrganismi acquatici (plancton).

Inoltre, anche un’infiammazione della cartilagine presente nel padiglione auricolare, una brusca variazione della pressione dell’orecchio medio o piuttosto una vera e propria infezione  di quest’ultimo possono dar luogo a fenomeni infiammatori dolorosi.

Come abbiamo detto, tuttavia, a volte un dolore all’orecchio nasce lontano dall’orecchio stesso.

Ad esempio possono entrare in gioco problemi ai denti o, anche a causa di bruschi balzi di temperatura, sia d’estate che d’inverno,  al naso, alla lingua,  alle tonsille, alla laringe, alla trachea e all’esofago.

Il trattamento dell’otalgia va sempre definito in base alla gravità del quadro e al possibile interessamento di organi vicini. In genere la cura va indicata dal medico, in particolare quando si sospetti un’otite legata ad infezione batterica.

L’impiego degli antibiotici va sempre deciso dal medico, evitando il “fai da te”. Per il resto, i farmaci di automedicazione possono essere d’aiuto. Ad esempio possono essere utilizzati antisettici per la pulizia dell’orecchio  mentre per combattere il prurito si può far ricorso a medicinali ad azione anti-pruriginosa per uso topico. Per alleviare il dolore possono essere impiegati antinfiammatori ad azione antalgica.

Capita che il mal d’orecchio si risolva facendo ricorso a farmaci che eliminano la congestione nasale, spesso concomitante al disturbo. Può essere utile, quindi, l’impiego di medicinali ad azione mucolitica che possono cioè aiutare a rendere più fluido il muco accumulato all’interno dell’orecchio che provoca dolore creando una distensione dei tessuti già infiammati.

Tutti questi preparati vanno comunque impiegati per pochi giorni. I mucolitici sono controindicati nei bambini con età inferiore ai due anni. Ovviamente, se il sintomo si mantiene è importante fare riferimento al medico. Inoltre, per chi ha il raffreddore, è importante fare attenzione ai viaggi aerei. La compressione e la decompressione in atterraggio e in partenza possono provocare un dolore anche molto intenso all’orecchio che va prevenuto e trattato con l’inalazione di prodotti decongestionanti.

Anemia e calo dell’udito

Ci sono momenti in cui il contenuto di emoglobina dei globuli rossi, le invisibili cellule del sangue che trasportano ossigeno, cala. In questi casi si parla di anemia. Quello che non sempre si ricorda è che anche un leggero calo dell’udito potrebbe essere legato ad una carenza di ferro e all’anemia che ne consegue.

A sottolineare questa curiosità è una ricerca condotta all’Università Statale della Pennsylvania che mostra come anche le difficoltà nella percezione uditiva, al pari di molti altri segnali apparentemente scollegati dalle condizioni del sangue come capelli che cadono o unghie che si spezzano, potrebbero essere collegate all’anemia. Lo studio ha preso in esame i dati relativi a oltre 300.000 persone tra i 21 e i 90 anni di entrambi i sessi, considerando anche i valori della ferritina (fondamentali per capire un’eventuale carenza di ferro) e di emoglobina oltre ad un eventuale calo dell’udito.

Al termine dell’analisi è apparso chiaramente come l’anemia possa collegarsi a difficoltà dell’udito, pur se appare difficile spiegare il meccanismo che porta a questo rapporto. Le ipotesi possono essere diverse: l’anemia potrebbe condurre ad una carenza di sangue ed ossigeno nelle parti interne dell’orecchio o ancora si potrebbe verificare in queste persone un danno alla mielina, che ha il compito di facilitare il passaggio dei segnali nervosi.

Di certo c’è che la correlazione esiste ed ora bisogna valutare se un supplemento di ferro, in questi casi, potrebbe aiutare anche a migliorare l’udito.

Il mal d’orecchi che nasce nell’esofago

Continuando a parlare di curiosità scientifiche, può anche accadere che un dolore all’orecchio abbia la sua origine lontano dall’organo uditivo ed in particolare dalla risalita dell’acido dallo stomaco verso l’esofago. Per questo, quando il problema è occasionale, i farmaci di automedicazione che contrastano l’iperacidità gastrica, possono risultare d’aiuto anche per aiutare a contrastare il dolore alle orecchie.

Come si può verificare una situazione di questo tipo? La malattia da reflusso è correlata a una certa varietà di sintomi legati a differenti apparati (torace, gola, polmone e intestino) che possono avere intensità e frequenza diversi ma che, in taluni casi possono compromettere fortemente la qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti e che appare spesso peggiore di quella di soggetti con patologie croniche più severe (es.  malattie cardiovascolari).

I sintomi del reflusso gastrico possono essere distinti in “esofagei” o “extraesofagei”. I primi, come il bruciore e il rigurgito acido, specialmente se accentuati dall’assunzione di cibo, dalla flessione del busto e dalla posizione supina, vengono considerati sintomi tipici o classici del reflusso gastrico anche occasionale.

Normalmente, infatti, il reflusso di acido dallo stomaco verso l’esofago, quello che tecnicamente viene definito appunto reflusso gastroesofageo, provoca fastidi chiari, come bruciori, difficoltà digestive o rigurgito, facilmente riconoscibili e gestibili da chi ne è affetto.  Ma in alcuni casi possono manifestarsi anche i cosiddetti disturbi atipici, cioè non direttamente riferibili alle vie digestive. In questo caso possono comparire proprio i problemi alla gola e all’orecchio. L’acido, passa dallo stomaco all’esofago perché esistono problemi di tenuta dello sfintere esofageo inferiore, una specie di valvola che normalmente impedisce il reflusso.

Ma in certi casi possono essere presenti anche difficoltà a carico dello sfintere esofageo superiore: per questo si possono determinare irritazioni nell’area della gola, che si traducono in tosse, difficolta a deglutire o altri fastidi simili. Inoltre, la stimolazione delle vie nervose che corrono lungo l’esofago può dar luogo a dolore ad un orecchio, alterazione della voce, sensazione generica di fastidi. Ovviamente si tratta di casi rari, ma che è sempre meglio conoscere!

I ronzii, davvero fastidiosi!

Possono interessare anche una persona su dieci, stando alle statistiche, e si tratta di disturbi occasionali, che non debbono preoccupare tanto. All’interno dell’orecchio nasce una sorta di ronzio, che crea fastidio anche perché non corrisponde ad un suono esterno. La prevalenza del tinnito (così viene chiamato tecnicamente il disturbo), ma non la sua gravità, aumenta con l’esposizione al rumore e, soprattutto, con l’età, in modo proporzionale alla perdita delle alte frequenze sonore dell’udito.

In alcuni casi i fenomeni possono legarsi più frequentemente ad uno stato emotivo di ansia e stress  non proprio ottimale. Per il resto, ci sono persone che pensano che i ronzii possano comparire quando si esagera con il fumo (ed è vero), e con i troppi caffè. Su questo fronte il dato è in discussione.

Una ricerca apparsa su American Journal of Medicine e condotta al Brigham and Women’s Hospital di Boston parrebbe indicare proprio l’esatto contrario. Lo studio ha preso in esame 65.000 donne seguite a partire dal 1991 e sono stati considerati tutti gli aspetti relativi alla loro alimentazione per 18 anni, compreso ovviamente il consumo di caffè.

La risposta a distanza di tempo è stata particolarmente interessante: su oltre 5.000 donne che avevano registrato la comparsa dei fastidi uditivi, si è visto che non è possibile identificare una relazione diretta tra la comparsa di tinniti e la quantità di caffeina assunta entro certi range (cioè non in caso di abuso e dosi davvero massicce). Anzi, in taluni casi, si è osservato  che l’aumento ragionevole del consumo di caffeina  ha generato un minore rischio di sviluppare il fenomeno dei ronzii oculari. Ovviamente si tratta di indagini condotte su ampie popolazioni e bisogna considerare le tante variabili legate ad altri aspetti, ma per chi beve il classico caffè la mattina e dopo il pasto non vi è alcun problema.

Il gran mistero degli acufeni

Tecnicamente si definiscono suoni che nascono nelle orecchie senza alcun motivo esterno che li generi. Si manifestano in forme diverse: c’è chi percepisce solo ronzii (vedi sopra), chi veri e propri fischi, chi lo scorrere di un ruscello, chi mormorii. Gli acufeni possono definirsi efficacemente e correttamente come “sensazioni uditive fantasma”  o, più precisamente, come sensazioni sonore che  si avvertono soggettivamente, in assenza di uno stimolo sonoro ambientale.

Sono un disturbo comune di cui ha sofferto almeno una volta il 50-60 per cento della popolazione generale, il 10-20 per cento in modo protratto e che nel 2-3 per cento arriva a compromettere, anche gravemente, la qualità della vita. Se la comparsa occasionale di acufeni può essere solamente un segnale di risposta dell’organismo, la situazione va osservata con attenzione dal medico nelle persone che soffrono di presbiacusia (la perdita d’udito tipica degli anziani) e se si assumono  alcuni farmaci. Esistono infatti medicinali che possono dare come effetto indesiderato proprio questo disturbo (ad esempio per la profilassi della malaria, alcuni diuretici utilizzati per abbassare la pressione, certi antibiotici).

Alcune ricerche dimostrano che nicotina, alcol e caffeina in dosi molto elevate possono anche essere associati alla comparsa di acufeni. Infine, esistono diverse malattie che possono manifestarsi anche con questi sintomi uditivi: capitano di più in chi soffre di sindrome di Menière (con vertigini e sensazione di pressione all’orecchio), di alterazioni della funzione della tiroide, in chi ha problemi di circolazione e in coloro che soffrono di bruxismo, ovvero sono portati a “masticare” e serrare le mascelle la notte, mentre dormono.  In caso quindi di acufeni, è sempre meglio indagarne la causa con lo specialista.

Proteggiamo l’orecchio: attenzione ai rumori e all’invecchiamento

Avete mai provato a misurare il “suono”? Proviamo ad aiutarvi. Se siamo tra i 50 e 65 decibel, siamo nel volume dei suoni che percepiamo senza difficoltà, più o meno la voce di una normale conversione. Se si sale a 80-90 decibel sentiamo i classici suoni forti che col tempo, se continui, possono causare danni all’orecchio interno e favorire la comparsa di sordità. Infatti, l’esposizione prolungata a rumori eccessivi danneggiamo l’udito sul lungo termine. Infine, si può arrivare fino a 130 decibel se si vive il rumore intenso che fa un jet in fase di decollo. L’esposizione a rumori fortissimi può comunque causare danni più o meno permanenti alle orecchie.

La funzionalità uditiva si modifica comunque nel tempo e oltre ad essere influenzata da fattori ambientali è legata anche all’invecchiamento. Se non riuscite a sentire cosa dice chi vi sta accanto nel traffico e dovete volgere il capo verso chi parla per ascoltare una conversazione, in casa vi accusano di alzare a dismisura il volume del televisore, o vi accorgete di non riuscire a sentire allo stesso modo più persone che parlano contemporaneamente oppure percepite con maggiore difficoltà la voce di donne e bambini, rispetto a quella degli uomini, è bene misurare l’udito.

Sono questi i segnali d’allarme che non vanno sottovalutati, specie se si è passata la soglia dei sessant’anni, quando una persona su tre (si tratta in maggioranza di uomini) si trova a fare i conti con la presbiacusia, ovvero con il calo dell’udito tipico della terza età. Un lieve calo dell’udito è normale nel processo di invecchiamento. È un po’ come perdere l’elasticità nel camminare o qualche decimo nella vista. Questo però, soprattutto quando i sintomi vengono tralasciati, rende progressivamente sempre più difficile l’ascolto della tv, toglie il piacere di stare con gli amici e di seguire i nipotini.

E’ fondamentale tenere sotto controllo il fenomeno e gestirlo, senza rimanere a lungo con le mani in mano. Il ritardo che intercorre tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi di presbiacusia può variare da otto a venti anni, mentre il successo delle soluzioni a sostegno della funzionalità uditiva dipende dalla precocità del trattamento. Particolare attenzione va prestata anche ai casi in cui la debolezza uditiva si limita ad un solo orecchio. Anche in questo caso, in ogni modo, la soluzione va individuata caso per caso.

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