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Carenza di ferro: i sintomi, le cause e i modi per recuperarlo

Carenza di ferro: i sintomi, le cause e i modi per recuperarlo

Non possiamo farne a meno. E se ne abbiamo poco ce ne accorgiamo. Eccome. Siamo stanchi, ogni sforzo ci sembra immenso, a volte fa male la testa. E sono solo esempi di cosa può accadere se si soffre di anemia sideropenica, vale a dire di carenza di ferro

Senza ferro vivere è impossibile perché è un elemento indispensabile per l’organismo, in quanto costituente essenziale di molecole quali l’emoglobina, contenuta nei globuli rossi, la mioglobina, contenuta nel muscolo striato, e i citocromi, contenuti soprattutto nelle cellule epatiche. Quando manca, quindi, cominciano l’organismo va in sofferenza e si manifestano una serie di sintomi che vanno prima riconosciuti e poi affrontati, caso per caso, con le soluzioni più opportune.

Che cos’è l’anemia da ferro basso

Il nostro corpo immagazzina, in condizioni normali, circa 4-5 grammi di ferro, di cui ne viene persa ogni giorno una quantità pari circa 1,4 milligrammi nelle donne e 0,8 mg negli uomini.  Questa perdita viene però reintegrata attraverso l’alimentazione e, nel caso si vada incontro a una momentanea carenza, essa viene compensata dalla mobilitazione e messa a disposizione delle “scorte di ferro”, immagazzinato principalmente sotto forma di ferritina. 

Tuttavia, l’anemia sideropenica è la più frequente e diffusa forma di anemia, la cui caratteristica principale è, appunto, la carenza di ferro. Si stima che siano circa 2 miliardi le persone al mondo che ne sono affette e nello specifico, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 33% sono donne in età fertile, il 40% donne in gravidanza e il 42% bambini.

Le cause della carenza di ferro

Come nasce l’insufficienza? Può essere dovuta a un’assunzione inadeguata di ferro, a una ridotta biodisponibilità del ferro alimentare, a una perdita cronica di sangue o a un aumento del fabbisogno di ferro. Quest’ultimo aumenta durante la crescita, l’adolescenza e in caso di gravidanza, sia per l’eritropoiesi materna e fetale che per la crescita del feto. Se si considerano questi fattori, non sorprende che l’anemia sideropenica sia più comune nei bambini di età inferiore ai 5 anni e nelle donne in età riproduttiva, oltre che negli atleti che praticano sport di resistenza.

Carenza di ferro: i sintomi cui fare attenzione

Non è sempre agevole riconoscere i sintomi legati alla carenza di ferro. Questa condizione, infatti, in molti casi può passare del tutto inosservata e quindi non viene presa in considerazione, specie se le manifestazioni sono particolarmente lievi. Ci sono però segnali che debbono far pensare a sottoporsi ad un semplice controllo del sangue per valutare la situazione. Ad esempio, occorre mettersi in guardia se si affronta una fortissima astenia, con la sensazione di difficoltà nello svolgere qualsiasi compito fisico. Quindi ci si sente deboli e spesso in chi ha deficit di ferro si rileva il pallore del volto tipico delle persone anemiche. A volte poi può manifestarsi una vera e propria tachicardia, non legata all’attività ma alla necessità di aumentare la quantità di ossigeno disponibile per i tessuti (il ferro è componente dell’emoglobina, che all’interno del globulo rosso lega l’ossigeno per renderlo disponibile nei tessuti). Non vanno poi sottovalutati una cefalea che non sembra avere motivi scatenanti insieme a vertigini e capogiri frequenti, così come vanno considerati segnali d’allarme una glossite, ovvero un’infiammazione della lingua, senza spiegazioni. Anche la fragilità delle unghie può indicare che il ferro potrebbe non essere disponibile a sufficienza.

La diagnosi

Per quanto sovente aspecifici, sono davvero tanti, in realtà, i segnali che il corpo invia e che dobbiamo affrontare recandoci dal medico che definirà il da farsi caso per caso sulla scorta di esami mirati. Per diagnosticare correttamente l’anemia sideropenica è necessario, infatti, effettuare gli esami del sangue e valutare i livelli di emoglobina, la grandezza dei globuli rossi, i livelli di ferro, ferritina, transferrina e il valore delle piastrine.

Perché la mancanza di ferro colpisce soprattutto le donne?

Quando si pensa alla carenza di ferro, il pensiero va subito alla donna. Se è vero che anche gli uomini possono soffrire di anemia sideropenica, infatti, sono soprattutto le donne in età fertile a mostrare questa condizione. In esse più facilmente si riscontra una carenza di ferro dovuta ad un ciclo mestruale abbondante (ipermenorrea) – che comporta una perdita di sangue consistente, in alcuni casi superiore a 35 millitri per ciclo – o causata da patologie del tratto genitale, come l’adenomiosi, o la presenza di polipi o di miomi. Il risultato di questa condizione è un’elevata perdita di ferro, che, di conseguenza, bisogna reintegrare attraverso la dieta e, nei casi in cui una corretta alimentazione non sia sufficiente è necessario assumere integratori alimentari o farmaci veri e propri a base di ferro.

Anche le donne in stato di gravidanza vanno spesso incontro ad anemia sideropenica: si stima che una percentuale tra il 25% e il 50%, presenti una condizione di deficit di ferro già all’inizio della gravidanza. Durante la gestazione, infatti, il fabbisogno di ferro aumenta in modo considerevole, soprattutto nell’ultimo trimestre, perché deve soddisfare non solo l’organismo della futura mamma, ma anche lo sviluppo del feto. Il ferro, oltre che a promuovere la produzione di nuovi globuli rossi, è fondamentale per garantire un peso adeguato alla nascita e favorire lo sviluppo cognitivo del nascituro.

Assorbimento di ferro: cosa mangiare e bere

La prima cura e la prevenzione dell’anemia sideropenica passano dalla tavola. È sempre importante seguire un’alimentazione varia e controllata, in cui vengano inclusi alimenti di origine animale, ricchi di ferro emico, e di origine vegetale ricchi di ferro non-emico. In teoria non sembrerebbe difficile coprire il fabbisogno giornaliero di ferro, visto che ne dobbiamo introdurre quotidianamente pochi milligrammi e che questo minerale è presente in vari alimenti: il fegato, le carni (rosse e bianche), il pesce, i molluschi, i crostacei, il tuorlo d’uovo contengono tutti quantità significative di ferro, così come troviamo buone quote di ferro nei legumi, nella frutta a guscio, in quella secca e nei vegetali a foglia verde.

Tuttavia, nonostante la sua diffusione, è dimostrato che una parte consistente della popolazione assume una quantità di ferro inferiore a quella ottimale e questo avviene perché il nostro organismo assorbe soltanto una piccola parte del ferro introdotto con i cibi. Infatti, il ferro presente nei vari alimenti non è tutto uguale: nelle carni, nel pesce e in altri prodotti di origine animale si trova in una particolare forma chimica, chiamata ferro “eme”, che viene ben assorbita (mediamente nella misura del 20%), mentre il ferro contenuto nei vegetali presenta una struttura diversa – il ferro “non eme” – il cui assorbimento è in alcuni casi inferiore all’1%.

Ancora più che per altri minerali, l’assunzione di ferro è decisamente influenzata da una serie di fattori individuali, primi tra tutti il sesso e l’età. Secondo le tabelle dei LARN (Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana) stilate e aggiornate dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), la dose raccomandata di ferro per l’uomo adulto ammonta a 10 milligrammia al giorno, mentre per la donna in età fertile sale a 18, perché con la mestruazione aumenta il fabbisogno, mentre dopo la menopausa la dose raccomandata si allinea a quella dell’uomo.

Sul fabbisogno di questo minerale e sulla sua assunzione incidono, inoltre, anche altri fattori che hanno a che vedere con lo stile di vita, con alterazioni del nostro stato di salute – come specifiche problematiche di assorbimento – e con determinate fasi della vita come, appunto, la gravidanza per le donne. 

Tenendo presenti questi aspetti si può puntare a recuperare il ferro perso, ricordando sempre di parlare della situazione con il medico. Bisogna riconoscere le cause dal deficit e agire di conseguenza.