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Chi era il medico della “mutua”?

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Per molti la risposta a questa domanda è immediata: Guido Tersilli! Molti ricordano (forse i più giovani ne hanno sentito parlare), la magica interpretazione del grande Alberto Sordi, alias appunto Guido Tersilli, nei panni del medico della mutua nel vecchio film del 1968. Il medico della mutua era una figura della quotidianità degli italiani dell’epoca e, se pure non tutti come il mitico Dottor Tersilli, andavano in giro per i quartieri della propria città, con tanto di mamma al seguito, per procacciar pazienti, tutti i medici della mutua venivano remunerati sulla base del numero di persone assistite. A pagare erano, appunto, le cosiddette casse mutue con le quali i medici sottoscrivevano una convenzione.

Infatti, fino alla nascita del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978, l’assistenza sanitaria italiana era basata su sistema di protezione assicurativo-previdenziale, sviluppatosi nella prima metà del 1900, secondo il quale l’accesso ai servizi sanitari era strettamente collegato alla condizione lavorativa. Questo significa che la mutualità corporativa garantiva le cure ai lavoratori e alle loro famiglie. Di fatto, il diritto all’assistenza sanitaria era, quindi, legato non all’essere cittadino italiano ma all’essere lavoratore perché l’assistenza sanitaria era appunto finanziata con i contributi versati da lavoratori e datori di lavoro alle casse mutue. Di conseguenza, l’accesso alle cure era differenziato a seconda delle quote versate e variava notevolmente in base al tipo di lavoro svolto. Le fasce più deboli della popolazione erano di fatto escluse dal sistema mutualistico e ci si rivolgeva al medico condotto, disponibile 24/24 in caso di urgenze e pagato dai Comuni anche per assistere i poveri oltre che per occuparsi di igiene pubblica.

Il sistema mutualistico è stato abolito con la nascita del Servizio Sanitario Nazionale fondato sui principi dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità secondo i quali la salute è un bene non solo individuale ma collettivo da garantire, senza alcuna differenza o discriminazione, a tutti i cittadini, i quali devono poter aver accesso, a parità di condizioni di salute, alle stesse cure. Così il medico della mutua è stato sostituito dal medico di medicina generale, che lavora in convenzione con lo Stato ed è remunerato con il meccanismo della quota capitaria (cioè viene riconosciuto un importo forfettario per ogni assistito, per un massimale attualmente stabilito a 1.500 persone). Ogni cittadino, ricco o povero, vecchio o giovane in Italia ha un medico di famiglia (o pediatra di libera scelta, nel caso di minori di 14 anni) di riferimento per la gestione della propria salute.

Il medico di medicina generale è, come una volta lo erano il medico condotto e quello della mutua, il professionista della salute che sa tutto dei propri pazienti, che conosce non solo le loro patologie e i farmaci che assumono ma anche gli stili di vita e le abitudini e svolge il proprio lavoro come prima interfaccia della sanità pubblica nei confronti dei propri assistiti. Per questo dobbiamo affidarci alle indicazioni del medico di medicina generale e delle cure primarie, visto che i consigli che ci può offrire sono fondamentali per star bene e, quando soffriamo di qualche patologia, ci può indirizzare alle giuste terapie, agli esami diagnostici necessari, ai trattamenti in ospedale che si possono rendere necessari sempre rimanendo al nostro fianco, anche in modo virtuale grazie all’informatizzazione e alle possibilità offerte dalle tecnologie di telemedicina. Dalla prevenzione fino alla terapia, insomma, abbiamo un alleato che ci assiste, il nostro medico di medicina generale. Uno “di famiglia”, tanto che spesso, lo chiamiamo proprio così!

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