Così l’insonnia rovina il benessere
Ecco alcuni consigli per riposare meglio e stare in salute
Comincia un brutto periodo per i “gufi” che non riescono a prendere sonno prima delle tre di notte per poi sollevare le palpebre intorno a mezzogiorno. E non va molto meglio alle allodole, che invece non superano le nove di sera per strabuzzare gli occhi nel bel mezzo della notte. Insomma: prendere sonno e riposare saporitamente può diventare davvero un’utopia anche perché le giornate che si allungano rischiano di “desincronizzare” ulteriormente i ritmi del sonno, rendendo quasi impossibile un riposo normale.
Insomma, se soffrite della “sindrome di primavera”, legata non solo all’ora legale, ma anche alle modificazioni dei flussi ormonali nell’organismo nel passaggio di stagione, sappiate che siete in buona compagnia. E che soprattutto dovreste cercare di porre rimedio alla situazione, portando progressivamente l’organismo a riposare per il tempo di cui necessita. Perché ci si senta in buona salute infatti il sonno deve essere soddisfacente sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo (esistono studi che dimostrano come la sonnolenza diurna sia presente sia in caso di insufficiente durata del sonno sia in presenza di un numero di ore di sonno elevato). Dormire poco e/o male rovina insomma la vita e può mettere a repentaglio la salute. Cosa succede al corpo che non “riposa” a sufficienza? E soprattutto, quali possono essere le contromisure più efficaci per rimanere per il giusto periodo a cullarsi tra le braccia di Morfeo? Ecco le risposte della scienza.
Le fasi del sonno
I tempi del sonno seguono cicli ben prestabiliti. Ogni ciclo, che dura circa un’ora e mezza, è fatto da una fase di sonno non Rem e una fase di sonno Rem, quella in cui si sogna e gli occhi si muovono (la sigla Rem sta proprio per Rapid Eye Movements). Ma la fase Rem occupa solo il venti per cento dell’intero ciclo. Nella fase non Rem, invece, si susseguono quattro periodi: le prime due di sonno leggero, in cui basta anche un rumore per svegliarsi, la terza e la quarta di sonno profondo o ad onde “lente”.
Il sistema nervoso va in tilt
Vi sentite irritabili, avete improvvisi cali d’attenzione al lavoro e a scuola? Forse dormite troppo poco, o comunque male. Il riposo è una sorta di “recupero” per il cervello, che per completarsi appieno deve però comprendere i cicli del sonno profondo ovvero quelli con le cosiddette onde “lente”. Se non si ottiene una sufficiente “ripresa” dei neuroni durante la notte, col tempo si accumula la “difficoltà” cerebrale che contribuisce a spiegare la comparsa dei problemi diurni. Come se non bastasse, sappiate che se non dormite a sufficienza anche le vostre capacità di ricordare potrebbero andare in difficoltà, perché la carenza di sonno incide anche sulla memoria. Numerosi studi hanno evidenziato che il sonno facilita i processi di apprendimento e di consolidamento della memoria. Infatti, i ricordi sembrano fissarsi meglio proprio quando dormiamo in quanto durante il sonno ad onde lente i neuroni stimolati in veglia nel corso di un processo di apprendimento sembrano riattivarsi e rinforzare i loro collegamenti, favorendo i processi di memorizzazione. In pratica, il sonno agirebbe come “rivitalizzante” dei neuroni, aiutandoli ad eliminare i collegamenti inutili che durante il giorno si creano tra le cellule nervose.
Meno dormi, più ingrassi
Esiste uno stretto rapporto tra metabolismo, regolazione del peso corporeo e insonnia. Diversi studi hanno mostrato che i soggetti che dormono di meno hanno una possibilità più alta di divenire obesi e d’altra parte i soggetti obesi – indipendentemente dalla presenza di apnee notturne – si lamentano più frequentemente di sonnolenza diurna. Come mai? La carenza di sonno può determinare alterazioni nella secrezione di ormoni che regolano il senso dell’appetito e la spesa energetica. In particolare, la deprivazione di sonno determina una ridotta secrezione della leptina, ormone che favorisce la riduzione del senso dell’appetito e al contempo facilita il consumo calorico. Allo stesso tempo la produzione di grelina, ormone che stimola l’appetito, appare aumentata dopo la deprivazione di sonno. Risultato: si tende a mangiare di più e magari si scelgono anche cibi “consolatori” ma ricchi di calorie. Secondo alcuni studi, poi, la carenza di sonno porta anche ad alterazioni del metabolismo che possono facilitare l’insorgenza di diabete. Attenzione va prestata in particolare ai giovani: stando a quanto apparso sulla rivista Pediatrics, tra i giovanissimi che dormono meno di otto ore e mezzo per notte si riscontra un tasso di obesità del 23,5 per cento, che cala al 12 per cento tra quanti hanno una media di sonno di oltre nove ore e 25 minuti. E per gli adulti? Il Nurses Health Study, che ha arruolato nel 1986 circa 60.000 donne sane, non obese, di età compresa tra 39 e 65 anni, dimostra che dopo dodici anni di osservazione le donne che riferivano di dormire cinque ore a notte erano aumentate in media di 2,47 chilogrammi in più rispetto a quelle che riferivano di dormire mediamente 7 ore per notte. Non solo: il rischio di obesità saliva nelle donne che dormivano meno di 7 ore per notte, indipendentemente dall’alimentazione, dal consumo di alcolici e dall’attività fisica. Nei maschi, poi, può andare ancora peggio.
Più fragili di fronte a virus e batteri
Ci avete fatto caso? Quando siamo colpiti da un’influenza rimaniamo molto più volentieri a dormire a letto. E’ solo un esempio di un meccanismo naturale che si instaura quando il nostro corpo viene attaccato da virus o batteri: questa reazione appare legata probabilmente all’azione di alcune citochine (sostanze prodotte dal sistema immunitario in risposta all’infezione) che favorirebbero il sonno. Il sonno, insomma, è importante per la normale attività del sistema immunitario e sull’infiammazione. Le alterazioni del riposo sarebbero quindi un sistema efficace dell’organismo per dare il via alla febbre e alle altre risposte che consentono di combattere adeguatamente i virus, fino ad eliminarli. Lo stretto rapporto tra sonno e infiammazione trova un’ulteriore conferma in una ricerca condotta alla Case Western Reserve University, che dimostra come chi si sposta troppo in difetto o in eccesso dalle classiche 7-8 ore canoniche di riposo notturno, infatti, vedrebbe aumentare nel proprio sangue i valori delle citochine, veri e propri “motori” dell’infiammazione. In chi dormiva troppo, più o meno un’ora in più rispetto a quanto percepito, si è registrata infatti una crescita pari all’8 per cento di proteina C-reattiva, indice dell’infiammazione. Per sessanta minuti di riposo in meno rispetto al dichiarato, sale dell’8 per cento il valore di TNF (Tumor Necrosis Factor) – alfa, altro elemento che entra in gioco nel facilitare l’infiammazione.
Le pause senza respiro
Non conta solamente la quantità del sonno, ma anche la sua qualità. Per circa 2-6 persone su cento, purtroppo, il riposo notturno è disturbato da russamento e soprattutto da pause nella respirazione, le cosiddette apnee. Questa situazione viene definita Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome – OSAS) e porta ad avere scarsità nell’apporto di ossigeno all’organismo durante la notte. La persona che ne soffre, oltre a svegliarsi spesso, va incontro a risvegli con sensazione di soffocamento, sonno “frammentato” e non ristoratore, per cui il giorno dopo la sonnolenza è padrona. Il problema interessa soprattutto i maschi mentre le donne ne sono colpite soprattutto dopo la menopausa. Chi presenta tante di queste carenze di ossigeno corre maggior rischi di andare incontro a problemi cardiovascolari, primo tra tutti l’ipertensione. La situazione ovviamente peggiora se si associa il russamento, che già da solo rappresenta un problema visto che disturba il ritmo normale del sonno e priva il russatore di un riposo adeguato. Il russatore affetto da apnee notturne non raggiunge mai il sonno profondo e quindi ha una tipica sonnolenza diurna che può avere gravi ripercussioni sulle sue normali attività, oltre a creare problemi specifici per mantenersi “svegli” durante la giornata.
Attenzione alle “porte” del sonno
L’essere umano ha un ritmo del sonno sincronizzato sulle 24 ore in base all’alternarsi tra luce e buio.” Nella “gestione” del ritmo del sonno è fondamentalmente un piccolo gruppo di neuroni che riceve gli stimoli della luce e del buio attraverso una particolare via nervosa che parte dalla retina, la zona dell’occhio capace di ricevere le sensazioni luminose e trasformarle in segnali nervosi, e arriva appunto all’ipotalamo. Se a questo si aggiunge l’attività della melatonina, un ormone prodotto dall’ipofisi durante la notte che riesce ad agire su alcuni neuroni, si può spiegare come un aumento della luce possa influire sul normale ritmo del sonno. Anche la temperatura, comunque, ha un ruolo importante. La curva di propensione al sonno appare infatti in stretta correlazione con la temperatura interna dell’organismo. Per cui tendiamo ad addormentarci quando il valore termico del corpo è ai minimi delle 24 ore, mentre ci svegliamo quando sale. Questi momenti vengono chiamati “porte” del sonno e vanno sfruttati al meglio per appisolarsi. Anche per questo motivo, infatti, tendiamo ad addormentarci sempre intorno alla stessa ora e se alteriamo i ritmi il riposo diventa più difficile. Mediamente, il desiderio di dormire sale tra le ventidue e le tre del mattino, cala drasticamente durante la mattinata per riaccendersi nelle prime ore del pomeriggio. C’è poi una zona “preclusa” al sonno, che si concentra tre la diciassette e le ventuno. La temperatura corporea segue questo tipo di tendenza, abbassandosi in mattinata e verso il tardo pomeriggio per salire, con variazioni che raggiungono anche il grado tra il pomeriggio e la notte profonda, di notte e verso il primo pomeriggio.
Qualche regola per riposare bene
Quando si hanno difficoltà a prendere sonno, ci si sveglia nel cuore della notte senza poter chiudere di nuovo gli occhi o la mattina ci si sveglia troppo presto, le buone abitudini sono fondamentali. Ad esempio è molto importante cercare di addormentarsi sempre alla stessa ora, rispettando la propria “porta del sonno”. L’organismo è infatti abituato a lasciarsi andare al sonno sempre alla stessa ora e, come accade per gli “slot” degli aerei, se si perde questo appuntamento quello successivo può giungere anche dopo parecchio tempo. Sul fronte della posizione da tenere, in genere, sarebbe consigliabile addormentarsi supini. Così alcuni organi chiave (in primis il cuore) si trovano in condizione ideale: per chi non riesce ad addormentarsi a pancia in su si può pensare al fianco destro, sempre per evitare compressioni sul cuore. Per il resto, detto che c’è chi consiglia di tenere la testa del letto orientata verso il nord, non pensate di potervi addormentare immediatamente quando vi “stancate” con l’attività fisica. E’ vero che muoversi significa stancarsi e quindi aiutare il corpo a sentirsi più pronto al riposo, ma è altrettanto innegabile che se non si pongono almeno due ore di distanza tra lo stop allo sforzo e il riposo sotto le lenzuola si rischia di avere il corpo ancora “agitato” e quindi non pronto a cadere tra le braccia di Morfeo.
Sul fronte dell’alimentazione, meglio ricordare che non bisogna esagerare con l’alimentazione a cena, riducendo i cibi troppo pesanti e gli intingoli che affaticano la digestione. Per quanto riguarda le bevande sarebbero da evitare caffè e bevande nervine e non si deve abusare degli alcolici: inizialmente si può avere una sensazione di “appisolamento” indotta dall’alcol, ma poi, nel cuore della notte, si può rimanere svegli con gli occhi sbarrati.
Capitolo farmaci: i farmaci di automedicazione possono essere molto utili, nelle diverse forme di insonnia leggera, quando ovviamente i sintomi non si mantengono nel tempo (in questi casi occorre ricorrere al medico). Sedativi vegetali, a base di valeriana e passiflora ad esempio, hanno un effetto rilassante. Anche la melatonina, normalmente prodotta dall’ipofisi, può aiutare a regolare il sonno soprattutto se siete dei lavoratori che viaggiano molto cambiando fuso orario o quando si parte per le vacanze.
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