Jet lag, cosa provoca, come contrastarlo e prevenirlo
Il corpo ha le sue abitudini. A regolarle è un orologio biologico, molto preciso. È quello che ci porta a nutrirci più o meno alla stessa ora e ad andare a dormire per il riposo notturno. Tuttavia, ci sono situazioni in cui questo orologio vede alterare il proprio ritmo, messo a punto negli anni. A provocare tale alterazione basta poco. Ad esempio, un viaggio intercontinentale in aereo, con il cambio dell’ora e delle condizioni di luce. A parte il fuso orario, ci sono anche altre situazioni in grado di alterare i ritmi biologici come, ad esempio, l’alternanza dei turni lavorativi e il passaggio repentino tra turni diurni e turni notturni. In questi casi non sempre l’organismo riesce a rimettere in ordine il proprio orologio in modo “indolore”. Compaiono così i fastidi dello “sfasamento”, che noi chiamiamo jet lag. Difendersi e prevenire questa situazione è possibile, anche se, soprattutto in caso di pesanti differenze orarie tra un posto e l’altro del mondo, qualche alterazione, ad esempio dei ritmi sonno veglia, è da mettere in conto. Per affrontare i sintomi possono aiutarci i farmaci di automedicazione, che agendo proprio sul disturbo possono favorire il miglioramento delle condizioni generali.
Le cause della sindrome da jet lag
Non tutti reagiscono allo stesso modo ai mutamenti del fuso orario. Ci sono persone più sensibili al jet lag e altre che, invece, riprendono regolarmente i ritmi poche ore dopo un viaggio intercontinentale. In realtà, probabilmente sono molti gli orologi biologici che contribuiscono a determinare il nostro ritmo e tutti vanno considerati. Secondo un modello costruito recentemente da esperti americani, la sindrome da fuso orario sarebbe determinata da segnali più deboli degli orologi circadiani e da una minore sensibilità alla luce. Il risultato di chi presenta queste condizioni sarebbe un sistema più vulnerabile e più lento a riprendersi.
La sindrome da fuso orario, comunemente chiamata “jet lag”, è causata quindi dalla variazione del fuso orario: spostarsi, durante un viaggio aereo, di almeno 2-3 meridiani vuol dire alterare i propri ritmi biologici e costringerli ad una diversa luce e ad un diverso ritmo luce/buio che caratterizza le giornate del luogo di destinazione. Il nostro organismo, “settato” sul proprio orologio biologico, ha dunque bisogno di tempo per sincronizzarsi ai nuovi ritmi, causando spesso qualche piccolo disturbo di salute, poiché sono proprio i ritmi circadiani a regolare alcune funzioni vitali del nostro corpo come il ciclo sonno/veglia, la digestione, l’umore o la temperatura corporea.
I sintomi del jet lag e come affrontarli
Qualche tempo fa, un editoriale scientifico apparso sul New England Journal of Medicine segnalava che, in media, in aereo la pressione in cabina è simile a quella registrata tra i 1500 e i 2500 metri di altitudine. Insomma, niente di trascendentale. Ma per chi è più sensibile, trovarsi in queste condizioni per diverse ore può influire sul benessere. Questo meccanismo può condurre a un minimo calo di ossigeno trasportato nel sangue, sia pure impercettibile, tale però da spiegare la comparsa di mal di testa in alcune persone per la vasocostrizione delle arterie del cranio. Inoltre, il calo della pressione ambientale può favorire l’espansione del volume dei gas all’interno dell’organismo, con possibile comparsa di meteorismo e fastidi addominali. Infine, il ricircolo dell’aria induce un calo dell’umidità atmosferica, che spiega gli occhi secchi alla fine del volo. Inoltre, spesso, non è sempre facile dormire durante i voli intercontinentali con conseguente stanchezza e mancanza di riposo alla fine del volo che inizialmente si traduce, una volta atterrati, in vera e propria insonnia per la necessità di riadattarsi alle condizioni temporali della zona di arrivo.
Mal di testa, disturbi del sonno, stanchezza, qualche squilibrio intestinale sono tipici del jet leg. Si tratta di disturbi destinati a durare per poco tempo ma che possono essere alleviati da buone abitudini e dall’impiego intelligente dei farmaci di automedicazione. In questo senso, le indicazioni del medico e del farmacista possono essere utili. Pensate, ad esempio, alla melatonina. Secondo una revisione di qualche tempo fa della letteratura del centro Cochrane del Regno Unito su dieci studi controllati, l’assunzione di melatonina riduce il jet lag quando si superano cinque o più fusi orari. Ma può essere indicata anche quando il “salto” di fusi orari è inferiore nelle persone che hanno già sofferto di jet lag. Per quanto riguarda il mal di testa che in qualche caso viene riferito da quanti assumono melatonina, non esiste alcun rapporto diretto ma è possibile che sia legato al viaggio piuttosto che all’assunzione della sostanza. Allo stesso modo, farmaci di automedicazione con un blando effetto sedativo possono aiutare a riposare durante il volo e a riprendere un ritmo corretto sonno/veglia una volta atterrati. Attenzione però a evitare le bevande alcoliche nei viaggi lunghi: con gli alcolici il rischio di effetti indesiderati si moltiplica, con il rischio di una più intensa sedazione.
Si possono prevenire i sintomi del jet lag?
I disturbi del jet lag andrebbero combattuti già prima di giungere in aeroporto e partire. Qualche regola generale? Prima di tutto ricordate che in genere gli effetti sono più pesanti quando si vola da ovest verso est. E tenete presente che sarebbe importante abituare al nuovo ritmo sonno-veglia l’organismo con qualche giorno di anticipo, sfruttando lo stimolo della luce. Chi si sposta verso oriente dovrebbe andare a dormire prima, per poi svegliarsi presto e “sfruttare” la luce della prima mattina, evitando di rimanere esposto a fonti luminose la sera. Chi va verso ovest, invece, dovrebbe fare il contrario: a letto più tardi e non esporsi alla luce la mattina presto. Così si favorisce la produzione di melatonina, un ormone fondamentale per la regolazione del ritmo sonno-veglia che viene prodotto soprattutto di notte.
Dalla ricerca: prevenire il jet-lag con gli alimenti prebiotici
Di fronte a turni di lavoro che prevedono di alternare il giorno alla notte, a viaggi intercontinentali con variazioni pesanti di fuso orario, a tutte quelle situazioni che in pratica possono rompere il tic tac del nostro orologio biologico, una risposta in chiave preventiva contro i disturbi derivanti da cambi bruschi di ritmi potrebbe venire dal microbiota intestinale. O meglio, dalla particolare varietà di batteri che lo abitano e che consentendo interazioni pressoché costanti tra tubo digerente e cervello. Per nutrirli al meglio in questa chiave è importante che i batteri stessi ricevano gli alimenti giusti, attraverso ciò che ingeriamo e, quindi, occorre che nella dieta di ogni giorno siano presenti alimenti prebiotici, dalle mele alle cipolle, dai porri ai carciofi, che contengono fibre in grado di fare da nutrimento per un microbiota più sano. A lanciare questa ipotesi è un’originale ricerca condotta dall’Università Colorado Boulder, apparsa su Brain, Behavior and Immunity. In sintesi, stando ai risultati dello studio sperimentale, si potrebbe immaginare di rendere, l’organismo umano maggiormente predisposto, anche attraverso l’alimentazione, a sopportare le interruzioni dei normali ritmi circadiani.
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